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Wajib - Invito al matrimonio

Regia di Annemarie Jacir vedi scheda film

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La recensione su Wajib - Invito al matrimonio

di obyone
8 stelle

Saleh Bakri, Mohammad Bakri

Wajib - Invito al matrimonio (2017): Saleh Bakri, Mohammad Bakri

 

Poche ma buone, le sale raggiunte da "Wajib - Invito al matrimonio" di Annemarie Jacir, che ha ripagato la fiducia del distributore italiano con la terza miglior media presenze nel week-end d'apertura, soddisfazione notevole per un piccolo titolo, ancorché vincitore, per la sua qualità, di svariati premi nei festival internazionali di Locarno, Mar del Plata, Dubai e Londra. Il film, selezionato per rappresentare la Palestina nella corsa ai premi Oscar 2018, è il terzo lungometraggio della regista palestinese, arrivata al Cinema attraverso un percorso tortuoso che l'ha vista lavorare in altri ambiti, prima di approdare alla scrittura cinematografica e alla regia a seguito di studi compiuti negli Stati Uniti. Un po' come il libanese Ziad Doueiri, che ha fatto la gavetta negli Usa, Annemarie Jacir, dopo il diploma, è tornata all'ovile preferendo parlare della sua gente e della sua terra, la Palestina, nonostante ingerenze israeliane l'abbiano costretta a vivere e lavorare in esilio ad Amman per un certo periodo dopo la conclusione del suo primo lungometraggio "Il sale di questo mare". Esilio che non l'ha certo demoralizzata o fiaccata, semmai motivata ulteriormente per proseguire l'attività nel proprio paese e scrivere il suo secondo film "Quando ti ho visto". "Wajib", sua ultima fatica, è il classico esempio di cinema fatto (molto bene) con pochi mezzi e pochi soldi. E se vogliamo con poche idee ma ben sviluppate.

 

Mohammad Bakri, Saleh Bakri

Wajib - Invito al matrimonio (2017): Mohammad Bakri, Saleh Bakri

Saleh Bakri

Wajib - Invito al matrimonio (2017): Saleh Bakri

 

Un uomo di Nazareth, Abu Shadi, richiama a sé il proprio figlio Shadi, che vive in Italia, per organizzare il matrimonio della figlia. La tradizione vuole che gli inviti alle nozze vengano distribuiti, uno per uno, dai maschi di casa, rigorosamente a mano. Shadi vorrebbe esimersi da tale dovere, ma non può e non vuole ferire il vecchio genitore, perciò si fa carico del gravoso impegno che costringe i due uomini ad un confronto non privo di tensioni. Ambientato nell'arco breve di una giornata e per buona parte girato all'interno della sgangherata auto di Abu Shadi, il film si presta a varie riflessioni che, inizialmente, trovano appiglio nelle questioni personali dei protagonisti, allargandosi, poi, alla più ampia e dibattuta condizione palestinese. È importante notare che Jacir avverte la necessità di raccontare le vite degli arabi che vivono nel territorio di Israele. Non a caso la storia è ambientata a Nazareth. E per giunta, la prospettiva è piuttosto inusuale, rispetto a quanto ci ha abituato il cinema di quelle latitudini, poiché i personaggi del film appartengono alla comunità arabo-cristiana, vaso di coccio tra le due più grandi e granitiche comunità che si spartiscono la Terra Santa. Il racconto è solcato dalle inquietudini politiche che scaldano l'animo agitato di Shadi. Il giovane vive a debita distanza dal polverone palestinese, frustrato per la situazione in cui versa la comunità di origine, ma allo stesso tempo per nulla disposto a ritornare in patria, mentre suo padre, che ha assunto un atteggiamento più guardingo nei confronti della politica, della quale accetta connivenze che lo possono favorire, ha deciso di restare, nel bene e nel male, nella terra natia e, poiché pressato dai doveri famigliari, non sembra interessato ad assumere una posizione netta contro Israele. Ma quello tra i due uomini è anche uno scontro generazionale. Shadi è liberale e poco legato alle tradizioni religiose, il padre invece si sente parte della comunità di cui è un insigne rappresentante. Poco incline ai cambiamenti sociali e oltremodo attento alle apparenze, come si può notare durante i dialoghi con gli invitati, ama la figlia Amal, ma decide per lei anche le questioni più futili riguardo al ricevimento. Nemmeno il figlio fugge alle pressanti attenzioni del professore che lo vorrebbe sposato ad una cugina, "come avveniva un volta", piuttosto che alla compagna palestinese in odore di O.L.P.. Annemarie Jacir con piglio sicuro e con misurata ironia mostra le disparità sociali nelle strade trafficate e piene di pattume della Nazareth vecchia che stridono con le vie geometriche e pulite dell'insediamento ebraico; ci offre una panoramica sui diritti lesi dell'insegnante, costretto a patti col diavolo (israeliano) per diventare preside, in una Scuola "sorvegliata" che non insegna più la storia e la cultura araba; si sofferma sulle donne ancora subalterne ai loro padri o additate come zitelle in un ambiente che le vuole ancora come madri e regine del focolare; toglie il velo su una società delle apparenze fondata "sul ricorso sfrenato al pettegolezzo imburrato infornato e mangiato" prendendo in prestito gli azzeccati versi della "Cantantessa"; misura l'astio tra popoli in un cane "ebreo" investito per sbaglio ma che potrebbe causare indicibili grattacapi ad un arabo. Il tutto avviene grazie a personaggi di contorno vividi e genuini, a dialoghi calibrati. La resilienza e la dissidenza dei due protagonisti è resa con magistrale bravura da due attori in forma che la mdp segue su e giù per le vie di una città che con le sue bellezze ed i suoi contrasti si erge a vera protagonista di un racconto che si fonda sul rispetto e sul dialogo tra le parti, quello che la regista si auspica diventi normale "modus vivendi" tra le persone e tra i popoli della sua terra.

 

Cinema Teatro Santo Spirito - Ferrara

 

Saleh Bakri, Mohammad Bakri

Wajib - Invito al matrimonio (2017): Saleh Bakri, Mohammad Bakri

 

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