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Sonatine

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sonatine

di port cros
9 stelle

Un originalissimo stravolgimento delle regole della crime story condotto da Kitano, che porta il film in riva al mare per virarlo in una commedia noir che fa emergere l'inattesa umanità (e giocosità) dei criminali della yakuza.

 

 

Sonatine è una crime story certamente fuori dall'ordinario, con lo stesso Kitano nel ruolo principale di un yakuza, Murakawa, stanco della vita da gangster, ma costretto dal suo boss a guidare una spedizione nella provincia di Okinawa, dove infuria la faida tra due clan rivali, al fine di riportare la pace. Il riluttante Murakawa cerca di sottrarsi, ma alla fine si rassegna a condurre un gruppo mal assortito di giovanissimi ed inesperti soldati della cosca. Ad Okinawa subiscono un attacco da uno dei clan in un locale notturno, a cui reagiscono sterminando gli aggressori. A questo punto il film cambia completamente tono, in quanto la banda si nasconde in una casolare lungo la spiaggia per sfuggire alla rappresaglia e trascorre il tempo oziando e giocando in riva al mare. Murakawa incontra anche una affascinante signora, che salva da un tentativo di stupro, e inizia una relazione con lei.

 

 

Un originalissimo stravolgimento delle regole della crime story viene condotto dal Kitano regista con lo stesso sguardo sguardo spiazzante ed impassibile che alberga il volto del suo Murakawa. Le vicende mafiose costituiscono un pretesto da cui allontanarsi per costruire una commedia noir che fa emergere l'umanità dei personaggi, che più che come killer vengono visti come persone comuni, con le loro idiosincrasie e loro personalità tutto sommato ordinarie e perfino con la loro innocente giocosità. Proprio perché i gangster sono persone comuni, per cui la violenza criminale costituisce semplicemente parte del loro lavoro, la sua rappresentazione filmica da parte di Kitano appare priva di gravitas e tragicità, come nell'annegamento iniziale del debitore insolvente, banalizzato da un umorismo nero e “freddo”. E così un yakuza tiene il muso ad un altro che l'ha accoltellato nella pancia come se fosse un bimbo che gli ha fatto un dispetto, rifiutando la sua offerta di un gelato.

Questa la regressione all'infanzia viene portata a compimento a contatto con la natura marina, una dimensione a parte in cui il tempo sembra fermarsi e le motivazioni della spedizione appaiono quasi dimenticate e anche la morte e la violenza diventano giochi, come la morra cinese / roulette russa a cui Murakawa sfida i giovani scagnozzi, prendendoli in giro. E allora vai di lanci di frisbee e di scherzi scavando buche nella sabbia, per esorcizzare la cruda realtà almeno finché non verrà a bussare alla porta.

 

 

Kitano diverte e si diverte sovvertendo le regole del genere con l'ingenua originalità del suo sguardo, come nella geniale scena della finta lotta sumo sulla spiaggia in cui i due yakuza saltellano come figurine di cartone mentre gli altri battono le mani a terra, mentre il bagno di sangue del regolamento di conti finale rimane fuori scena, lasciato alla nostra immaginazione. E gioca con le nostre aspettative facendo esplodere inaspettatamente la tragedia nella scena finale, che ci spiazza con la triste consapevolezza che la spensieratezza dei giorni in riva al mare poteva costituire per uno come Murakawa, votato alla morte nonostante tutto,  una serena parentesi, ma non certamente un progetto di vita.

 

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