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Sonatine

Regia di Takeshi Kitano vedi scheda film

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La recensione su Sonatine

di Antisistema
10 stelle

Sonatine probabilmente è nella Top 5 dei migliori film anni 90', e forse il miglior film di Takeshi Kitano (solo Hana-bi e Dolls possono competere con esso). La locandina riassume tutto il film; un uomo, dal sorriso folle e gli occhi neri rivolti chissà dove, si sta puntando una pistola in testa. Il suo è un atteggiamento beffardo, ma allo stesso tempo freddo e consapevole; per Murakawa (Takeshi Kitano) gangster al termine della sua carriera criminale, la morte sembra essere diventata una compagna in grado di dare conforto, una meta da raggiungere per trovare, dopo una vita di paura e violenza, la pace interiore. Questa scena chiave, in grado di condensare la poetica di Takeshi Kitano in una sola immagine, è sia un punto di partenza che un punto di arrivo, attorno al quale il regista costruisce un mosaico in grado di andare oltre i classici stilemmi del gangster movie, al fine di veicolare una potente riflessione inerente la condizione umana. Una condizione dettata irrimediabilmente dal cambiamento e dal rapportarsi dell'uomo con esso, sino alle tragiche conseguenze della sua irrimediabile lotta contro l'impermanenza delle cose. 

 


Il protagonista viene mandato dal suo boss, che intende tradirlo , in un posto in cui il tempo sembra essersi fermato (l'isola di Okinawa); ivi Murakawa, ormai vecchio e stufo di fare lo yakuza, torna bambino; si mette a giocare sulla spiaggia; un non-luogo sospeso tra l'ostile terraferma e l'impetuosita' del mare da cui è originata la vita e che tutto smuove. Murakawa assieme ai suoi scagnozzi, i quali diventano le vittime dei suoi scherzi infantili; ride, balla, lotta e si diverte con Miyuki, una ragazza salvata per caso da uno stupro, con la quale instaura un rapporto stranamente innocente, puro e diretto. Parlando con questa donna, Murakawa guarda indietro, nel suo passato, e non trova nulla, a parte la necessità di confrontarsi con la morte per sentirsi veramente libero. 

 


Nei film di Kitano, gli uomini sono assimilabili a degli automi completamente succubi delle circostanze esterne, se non di un caso su cui è impossibile ogni interpretazione da parte dell'essere umano. Per il regista, gli uomino non riescono a fare a meno di loro passato; risultando schiavi di un sistema rigido, imperturbabile e impersonale, sia esso la società, la mafia, in ultima sintesi la natura , i quali non possono fare a meno di adattarsi ad esso e alle sue regole, senza tuttavia perdere la libertà di violarle, pagando per questo, un caro prezzo. Nella poetica del regista, la morte è un dato di fatto, quindi è il modo in cui si muore che fa la differenza; per Kitano morte e vita hanno lo stesso valore, pertanto il riscatto finale dei suoi antieroi equivale al coronamento del loro percorso formativo, tristemente osteggiato dalle insormontabili circostanze esterne. Soltanto con la consapevolezza filosofica (l'esserci, utilizzando un termine del filosofo Martin Heidegger in Essere e Tempo) della morte si può comprendere veramente la vita. 
Fondamentale è la scena in cui Murakawa e i suoi scagnozzi ballano all'interno di un cerchio tracciato sulla spiaggia, muovendosi come dei robot e comportandosi come dei buffoni; essi si prendono gioco del loro stesso destino, della loro miserabile condizione, e lo fanno lucidamente, perché sanno che qualcuno prima o poi verrà ad ucciderli, eseguendo un ordine dettato dall'alto. In sostanza l'uomo è controllato da forze esterne impossibili non solo da arginare, ma anche da identificare; l'unica scelta rimastaci è quella di giungere alla morte sceglendo la nostra strada. Murakawa quindi decide di giocare "letteralmente" con la morte ad un certo punto del film, sfidando a morra cinese due suoi scagnozzi ed il perdente, sfiderà la sorte sperando che il colpo non sia in canna; la roulette russa più bella della storia del cinema.

 


Contrariamente al film di debutto Violent Cop (1989), vero e proprio gangster movie dai toni esasperatamente cupi ed angosciosi, Sonatine presenta un montaggio alquanto particolare (curato da Kitano in persona) nel quale il flusso temporale degli eventi procede in modo discontinuo, in modo da creare un effetto straniante nello spettatore. Lo stile minimalista del Kitano regista/montatore viene definitivamente consolidato con questo film, il primo grande traguardo della sua poetica dopo la fase di transizione delineata da Boiling Point (1991) e dal personalissimo Il Silenzio sul Mare (1993).
Nonostante queste premesse, Sonatine è comunque un film realistico, nel quale si muovono personaggi perfettamente plausibili in una società giapponese messa completamente a nudo. Come accadeva altresì in "Violent Cop", la violenza non viene affatto spettacolarizzata, risultando cruda, secca e priva di alterazioni sonore. Nel suo realismo, la violenza dei film di Kitano contribuisce a creare frammentazione e contrasto, spezzando i momenti di quiete, poesia ed escapismo con potenti scariche di "realtà" - si pensi anche al successivo Hana-bi-Fiori di Fuoco (1997), in cui questa discontinuità è ancora più marcata. 

 


Di grande contributo sono le composizioni del celebre Joe Hisaishi; brani potenti come "In the Beginning" sono in grado di calare immediatamente lo spettatore nell'atmosfera del film, e si fondono maestosamente con quel mosaico di immagini drammatiche le quali, nella loro totalità, costituiscono un vero e proprio monumento all'arte dell'uscire di scena, del mettere la narrazione in secondo piano per andare più in profondità, in quel minaccioso mare che si rivela affascinante, quieto, ma allo stesso tempo terribile, senza pietà alcuna per quelli che se ne stanno lì, sulla riva, a giocare, danzare e ad ammirarlo in tutta la sua enigmatica vastità.

In sostanza Sonatine è uno dei massimi vertici della storia della settima arte e fu decisivo nella considerazione della critica giapponese, verso un regista che veniva ancora percepito come un mero intrattenitore comico da varietà (magari qualcuno di voi conosce Takeshi's Castle, strambo programma dove i concorrenti si sfidano in prove assurde) e fu anche il primo discreto successo di pubblico per Takeshi Kitano. Un film poetico, lirico, lisergico ed infinito, la cui visione è senz'altro obbligata per tutti gli amanti del cinema; così bello che dopo quest'esperienza artistica totalizzante, viene voglia di suicidarsi per quanto questa pellicola abbia toccato le profondità dell'animo umano.

 

 

 

Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297

 

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