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Il caso Mattei

Regia di Francesco Rosi vedi scheda film

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La recensione su Il caso Mattei

di lamettrie
9 stelle

Un eccellente giallo politico, sia sotto il profilo tecnico che da quello del messaggio. Quest’ultimo è chiaro: l’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale è serva degli Usa (e le cose non paiono cambiate, a 56 anni dalla morte del manager marchigiano). Mattei si era messo di traverso allo strapotere americano, in particolare a quello dei loro capitalisti . Il film mostra bene anche questo: la politica ufficiale degli stati (almeno per gli Usa, ma non solo) non è nient’altro che rappresentazione esclusiva degli interessi di pochissimi privati straricchi. Come una provincia dell’impero, salvata grazie agli Usa dall’impoverimento mortale che Mussolini aveva imposto all’Italia  entrando stoltamente nella seconda guerra mondiale, questa stessa Italia non poteva rivendicare nulla: non doveva avere nessuna libertà, nessuna intraprendenza. Tutta la sua politica estera, nonché la programmazione economica pubblica e privata, dovevano essere messe in atto eseguendo alla lettera gli ordini nascosti degli Usa. Mattei era lungimirante, e cercava altre sponde: sapeva che un‘economia strozzata, perché in mano ad altri, è destinata alla schiavitù, alla lunga all’impoverimento, come la nostra realtà ha mostrato, almeno dagli anni ‘90 (dalla fine del comunismo l'Italia non è stata più una priorità degli Usa, che l'hanno abbandonata a un declino economico terribile, di cui la crisi i corso dal 2008 non è affatto l'episodio decisivo). Ha cercato quindi di aprire tutte le collaborazioni fruttuose possibili. Quest’autonomia durante i momenti culminanti della guerra fredda (anni ’50-60) non potevano essere lasciati impuniti. Fare accordi con i nemici degli Usa come l’Urss, e poi la Jugoslavia, i paesi arabi… era segno di intelligenza tattica,in vista della prosperità autonoma dell’economia e della popolazione italiana: quindi questa virtù doveva essere soffocata nel sangue.

Il film fa vedere benissimo, sebbene sia ipotesi non esplicitata, il ruolo che ebbero i maggiori responsabili, occulti, dell’assassinio di Mattei (e degli altri due compagni di viaggio): gli Usa, poi i loro burattini al potere in Italia, cioè la Dc; con la manovalanza decisiva della mafia, esperta e affidabilissima nel mandare a compimento il complicatissimo “delitto perfetto”. Con il gradimento anche degli imprenditori privati italiani, che tanto bene non potevano vedere come fette dei loro affari venissero intascati dallo stato, grazie a Mattei. Il quale non era certo un santo: a mio parere, Rosi ha il merito di mostrarlo per quello che è stato, un personaggio molto più negativo che positivo. Un corruttore di razza, uno per il quale l’illecito era pane quotidiano, se si voleva far carriera e affari. Rosi mostra una luce realista sulla classe dirigente: composta solo da grandi delinquenti, a ben vedere, tra i quali vince il più ricco, che è anche assieme il più violento e disonesto.  

Ottima anche la parte su De Mauro. Molti di quelli che hanno indagato sulla morte di Mattei sono stati uccisi in circostanze poco credibili: anche Pasolini… Una “maledizione” non certo casuale: Rosi ha il merito di svelare uno dei classici crimini di stato, che sono stati commissionati dallo stato e coperti da altri crimini, sotto forma di insabbiamenti e depistaggi da parte della classe dirigente politica italiana, in varie forme.

Sotto il profilo tecnico, c’è ritmo, è non si possono muovere critiche, tranne che forse Volontè recita in modo più meccanico del solito. Ottimi sono flash back, la ricostruzione del giallo, la fotografia, la colonna sonora di Piccioni.

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