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Papillon

Regia di Michael Noer vedi scheda film

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La recensione su Papillon

di Furetto60
4 stelle

Inutile e pallido remake, dell'omonimo capolavoro, del 1973.

Seconda trasposizione cinematografica della storia vera, ispirata al romanzo autobiografico di Henri Charrière,un giovane ladruncolo e piccolo truffatore francese choiamato "Papillon" per via di  una farfalla tatuata sulla sua pelle .A Parigi nel 1931 Henrie,viene incastrato per un omicidio mai commesso e condannato all'ergastolo, durante il trasferimento nel campo di lavoro, incontra Luis Dega, un falsario brillante molto danaroso,di fisico minuto e poco addentro al mondo criminale, Dega in cambio di aiuto e protezione gli offre denaro per corrompere altri detenuti e perfino alcuni  secondini e provare cosi  a scappare. Il periodo di detenzione , di Papillon nell'isola del Diavolo della Guyana francese, è un vero inferno in terra, a causa delle  rigide e inumane condizioni ,in cui i carcerieri costringono i detenuti a vivere, relegandoli in celle microscopiche sporche ed invivibili, obbligandoli a nutrirsi con un rancio misero e di infima qualità e sottoponendoli a vessazioni e umiliazioni psicologiche e fisiche, ventilando continuamente lo spettro della ghigliottina, la cui presenza nel cortile della prigione è più che un ammonimento, come punizione ultima per chi degli sventurati detenuti,dovesse macchiarsi di reati gravi.Di indole ribelle e di carattere poco incline aalla rassegnazione, Charriere si produsse in innumerevoli quanto infruttuosi e spericolati tentativi di fuga, che si tradussero in molti anni di isolamento, in situazioni estreme, al limite della sopravvivenza, spesso confinato in un buio buco sotterraneo, e quasi privato di cibo, tuttavia, dopo un estenuante calvario e tante punizioni, alfine, riuscì a compiere una clamorosa e prodigiosa, nonchè definitiva, evasione.

Il primo film del 1973 con Steve McQueen e Dustin Hoffman è un vero “cult” del genere, rimasto scolpito nella memoria collettiva, che nel corso di quasi cinquant’anni non ha  perso smalto, grazie ad un regia solida e all’efficacia cinematografica della coppia fantastica, dei due attori,di eccezionale spessore artistico e di enorme carisma. Inevitabile ma improponibile e ingeneroso allora il confronto con Charlie Hunnam e Rami Malek,che per quanto volenterosi non riescono e non possono eguagliare la straordinaria "performance" artistica dei due mostri sacri, sopra citati.

Questo Papillon versione 2017,sintetizza la storia ed elimina, alcuni episodi narrati nel film originale, riducendone la durata di quasi mezz’ora, compiendo un’operazione, che lungi dallo snellire la trama, la depaupera e la snatura.Si avverte poco e con esiti molto meno laceranti, il fluire del tempo che passa, la sottrazione degli anni cagionata dalla perversa istituzione carceraria, e si avverte ancora meno la sensazione di morte sempre sul collo, del predecessore. Il film di Michael Noer, è un pallido e annacquato dramma carcerario, che sulla scia del suo illustre precursore, cerca ma non trova gloria e paradossalmente appare, datato, in quanto non riesce a proporre una prospettiva nuova sul genere. Dega col volto di Rami Malek, non prova nemmeno ad esibire un tratto, della follia disperata, del senso di resa, che contraddistingueva il personaggio interpretato a suo tempo da Dustin Hoffman. L’epica di Papillon, e della sua vittoria su un sistema carcerario criminale, tempio di totale degrado umano, abbrutimento e annullamento dei più elementari diritti, sancito dall’abolizione della colonia penale ,appena l’anno dopo, qui non si sente. Si apprezza  del film una elegante patinatura e una curatissima fotografia.

Operazione commerciale, di scarsissimo valore artistico.
 

 

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