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La vedova Winchester

Regia di Michael Spierig, Peter Spierig vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su La vedova Winchester

di alan smithee
4 stelle

Il rimorso ed il senso di colpa possono fare brutti scherzi a chi si trova, pur nell’agiatezza, a dover convivere con il pensiero sempre rivolto alle conseguenze di un’attività di famiglia che ha fornito agiatezza, non senza farla pagare a caro prezzo.

La capostipite della famiglia omonima che fondò la celebre fabbrica di armi nota per l’infallibile fucile utilizzato contro gli “invasori” pellerossa, ovvero il Winchester, decise di isolarsi in un terreno vastissimo di proprietà a diversi chilometri da San Francisco, edificando una casa che rimase perennemente incompiuta a causa del desiderio inamovibile della vedova di continuare imperterrita a costruire stanze su stanze: le stesse erano destinate ad accogliere le anime dannate dei defunti per opera del celebre ed efficace strumento di morte: anime che la stessa si ritrovava angosciosamente appresso, da gestire, assillanti ed inquietanti, da accogliere, da costringere in un determinato spazio dedicato affinché cessassero di tormentarla.

Agli albori del XX secolo, la magione, forte di un agglomerato edilizio tipo formicaio, costruito senza criterio logico apparente, senza una dinamica precisa di evoluzione (evidentemente nell’immensa periferia americana i piani regolatori sono assai meno vincolanti che nella piccola e sin troppo cementificata Europa), e lavori dispendiosi in corso senza una fine programmata o programmabile, diviene oggetto di contestazione da parte del un consiglio di amministrazione della società.

Che decide di assegnare ad un celebre psicologo, afflitto in segreto da vizi decadenti e tentacolari, il compito di valutare la sanità mentale della donna. Per questo, su stesso invito della padrona di casa, l’uomo viene invitato a trascorrere una settimana presso quella labirintica inquietante struttura tutta interstizi e stanze più o meno comunicanti. In loco si renderà conto che i fantasmi da cui cerca di proteggersi la donna, esistono per davvero.

“Da una storia vera”… formula ad effetto, espressione che si rivela, al cinema in generale e nello specifico anche qui, come un refrain scontato e sempre più pericoloso o inaffidabile, per quanto poi non si possa che prendere atto della cosa (la casa esiste veramente ed è attrazione commerciale lucrosa e nota), i fratelli australiani Michael e Peter Spierig (già noti almeno per un paio di horror fantascientifici non proprio travolgenti con protagonista il bravo Ethan Hawke, e un episodio, forse non proprio indimenticabile, della interminabile saga “Saw-l’enigmista”), hanno la felice idea di coinvolgere nell’avventura un’attrice di grande personalità come Helen Mirren, ma si dimostrano strada facendo - tolto qualche riuscito sobbalzo iniziale dalla poltrona all’apparire dei primi inquietanti fantasmini minacciosi e digrignanti - più che altro bravi ad infiacchire, banalizzare tutta la vicenda, intrappolati pure loro all’interno di quel cantiere interminabile che una scenografia poco efficace, teatrale, molto di cartapesta, finisce per rendere come tutto posticcio, anche a causa di un utilizzo puerile e poco accorto delle luci, quasi come essere all’interno di un gioco di società sulla falsariga del simpatico ma puerile  “Il castello incantato”.

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