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La forma dell'acqua

Regia di Guillermo Del Toro vedi scheda film

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La recensione su La forma dell'acqua

di pazuzu
4 stelle

Una fiaba gotico/romantica prevedibile e derivativa fino all'osso, sin troppo semplicistica nella divisione schematica e manichea tra buoni e cattivi, ed elementare in un'esibizione della tematica del 'diverso' che è tanto puerilmente marcata da nascere innocua, priva di nerbo ed inabile a lasciare il benché minimo segno di sé a visione ultimata.

 

Negli Stati Uniti degli anni '60, ovvero un paese culturalmente chiuso i cui governanti sono ossessionati dallo scontro con i sovietici per il potere sulla Terra e la conquista dello Spazio, la giovane Elisa è addetta alle pulizie in un laboratorio nel quale, in gran segreto, è stato condotto e segregato un misterioso uomo-anfibio catturato nelle acque dell'Amazzonia, le cui capacità e caratteristiche fisiche sono ritenute potenzialmente utili ai fini della corsa alla Luna. Elisa, muta per una mutilazione subita da bambina, a lavoro è vessata da tutti tranne che da Zelda, una collega nera che le fa da sincera confidente e precisa interprete, mentre in casa trova fedele la compagnia di Giles, un vicino omosessuale solitario quanto lei. Scoperta l'esistenza della strana creatura, con la quale riesce ad interagire attraverso una gentilezza che non ha bisogno di parole, e venuta successivamente a conoscenza dell'imminenza della sua uccisione, Elisa medita di liberarla, coinvolgendo nel piano i propri due amici.

 

 

Già da tempo beniamino di buona parte della critica, Guillermo Del Toro sembra averne convinta la quasi totalità con questo The Shape of Water. Le ragioni di tanto smodato apprezzamento (Leone d'Oro a Venezia compreso) restano però piuttosto oscure, trattandosi, di fatto, di una fiaba gotico/romantica prevedibile e derivativa fino all'osso, sin troppo semplicistica nella divisione schematica e manichea tra buoni e cattivi, ed elementare in un'esibizione della tematica del 'diverso' che è tanto puerilmente marcata da nascere innocua, priva di nerbo ed inabile a lasciare il benché minimo segno di sé a visione ultimata. A restare, invece, sono il sapore insipido del déjà-vu e quello, ancor più indigesto, del minestrone assemblato male.

 

 

The Shape of Water, infatti, altro non è che l'ennesima variazione sul tema de La Bella e la Bestia, dove - nel 2017 - Il Mostro della Laguna Nera di Jack Arnold (cui il regista si ispira dichiaratamente) incontra curiosamente l'estetica ed il cuore di The Space Between Us, un corto realizzato da Marc S. Nollkaemper (uno studente dell'accademia cinematografica olandese) e vincitore di qualche premio nel settore nel 2015, mutua colori ipersaturi, movimenti di macchina, balletti (Delicatessen) e ambientazioni retro (Il favoloso mondo di Amélie) dal primo Jean-Pierre Jeunet accostandoli ad un senso dell'umorismo più piatto e meno ricercato, e prova a richiamare la magia delle atmosfere cupe del miglior Tim Burton perdendo per strada il requisito della plausibilità.
In un gioco di rimandi che potrebbe non finire mai, la smania citazionista di Del Toro mostra la corda nel momento più stucchevole e forzato, lo stacco onirico/musicale durante il quale Elisa immagina di cantare You'll Never Know (canzone premio Oscar, nell'interpretazione di Alice Faye, nel 1943 - il film era Vecchia San Francisco), piroettando tra le braccia dell'essere squamoso in un bianco e nero che vorrebbe omaggiare Ginger Rogers & Fred Astaire in Balla con Me ma sembra più un innesto 'mostruoso' tra The Artist e La La Land.

 

 

Per un paese che ama lodarsi (e imbrodarsi), anche espedienti come questo parteciperanno a far spellare le mani a quelli dell'Academy, e a garantire una pioggia di Oscar all'ennesimo film sopravvalutato: un film che butta lì, di tanto in tanto, suggestioni scontate sul razzismo e l'omofobia stando ben attento a tenerle sempre in bozza, affinché chi s'accontenta possa prenderle a spunto per tirar giù panegirici su un presunto messaggio di tolleranza buono per tutte le stagioni; e che, grazie a una sceneggiatura raffazzonata (scritta dallo stesso regista con Vanessa Taylor) che concepisce almeno due personaggi complessivamente ridicoli (il truce ma ottuso colonnello di Michael Shannon, e la spia russa dal buon cuore di Michael Stuhlbarg), incastra alla meno peggio il fantasy nel contesto reale e complesso della Guerra Fredda, semplificando quest'ultima tanto da buttarla quasi in farsa, ma rimanendo al contempo troppo ancorato alla realtà per rendere potabile l'Amore di una ragazza ('freak' finché si vuole, ma pur sempre appartenente al genere umano) per un pesce con le gambe che non fa nulla, ma proprio nulla, per giustificare un sentimento che vada al di là di una calorosa compassione.

 

 

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