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L'insulto

Regia di Ziad Doueiri vedi scheda film

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La recensione su L'insulto

di gaiart
8 stelle

Parola chiave di questo film è il termine arabo “kallema”: parola, che viene ripetuta spessissimo. Come possono le parole modificare le nostre esistenze? E una parola è equiparabile a un pugno o può essere addirittura più grave? Altri vocaboli che determinano l’andamento di questo potente film sono: Verità, Giustizia, Sofferenza.

THE INSULT E UNA STORIA DEL TUBO.

 

 

 

 

Parola chiave di questo film è il termine arabo “kallema”: parola, che viene ripetuta spessissimo.

Come possono le parole modificare le nostre esistenze? E una parola è equiparabile a un pugno o può essere addirittura più grave? Altri vocaboli che determinano l’andamento di questo potente film sono: Verità, Giustizia, Sofferenza.

 

The Insult è un film geniale. Scritto da Dio. In persona. Ovvero marito e moglie, regista e sceneggiatrice - durante il loro divorzio – come hanno raccontato in conferenza stampa. Lo spunto tipico , un'aula di tribunale, per far volare ed esercitarsi agli insulti. E poi dal privato alla fiction il passo è breve.  

 

Si parla della storia di un tubo e di come gli animi si possano accendere per un nonnulla. La pellicola è geograficamente universale, forse solo casualmente collocata in Libano.

 

Un uomo deve riparare un tubo di un terrazzo in una casa privata che perde su strada, bagnando i passanti. Da li nasce un insulto che scatena, in una spirale di negatività, un semi aborto, delle costole rotte, dispendio economico, catastrofe famigliare, un processo mediatico, malattia, odio, bombe e morte.

 

In realtà la relazione tra i palestinesi rifugiati in Libano, i cristiani del quartiere e le frasi di odio che alimentano il mondo odierno ovunque, sono la miccia esplosiva per conflitti di vicinato, di famiglia, di società e che poi diventano guerre vere proprie. Non solo in medio oriente.

 

L’abbiamo già visto sempre qui a Venezia in un altro interessante film islandese: Under the tree, come degli stupidi screzi tra confinanti portino a uccidere e impagliare il cane lupo della vicina, a tagliare un albero cha fa ombra sul giardino sbagliato, la cui caduta provoca la morte del figlio e strage finale.

 

Quindi l’universalità dell’odio è conclamata assieme alla follia di questa società che deve regolare tutto anziché attraverso il buonsenso e il dialogo, finendo invece in tribunali con avvocati e giudici spesso corrotti, incompetenti o semplicemente folli come i loro clienti.

 

Il film racconta uno spaccato odierno con molta intelligenza, ironia, ottimi attori estremamente reali e credibili, proprio perché forse hanno provato sulla propria pelle la sofferenza che si racconta come fiction.

 

Ed è proprio questa la potenza del film: far percepire che la sensibilità di chi ha sofferto, di chi ha avuto una vita difficile fatta di morte, distruzione, esilio non ha nulla di finto.

 

Si spera che vinca un bel Leoncino, se non altro per la potenza della sceneggiatura e la naturalezza attoriale.

 

 

 

 

 

 

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