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La notte ha divorato il mondo

Regia di Dominique Rocher vedi scheda film

Commenti brevi
  • Il batterista sul tetto, ovvero: passano i mesi, inizia il parkour. Sparita la presenza degli affetti, svanisce il senso del tempo; ci si reinventano gli affetti, e riprende a trascorrere il tempo.

    leggi la recensione completa di mck
  • La canonica fine del mondo dovuta ad affamati zombie. Un film classico nei contenuti che si lascia divorare nella notte in cui ci si sente solitari

    leggi la recensione completa di Guidobaldo Maria Riccardelli
  • Di ulteriori film di zombie con protagonisti imbecilli non se ne sentiva alcuna esigenza. Senza contare le incongruenze, come la doppietta a canna lunga che utilizza all’inizio e che magicamente diventa a canne mozze con calcio pistola. Neppure i rari dialoghi (perlopiù soliloqui) lo riscattano essendo banali e puerili. Solo nel finale si nobilita.

    commento di Maciknight
  • Soddisfa i 3 requisiti che piacciono alla critica: lentezza appallante, incomprensibilità immotivata e piselli al vento. Sembra voglia fare il verso a "io sono leggenda", ma rimane un film dimenticabilissimo. E aggiungo per fortuna!

    commento di Psychomamma
  • Il tema epidemico è qui affrontato con una inusitata vena intimistica e con uno sguardo tutto rivolto alle ripercussioni psicologiche di un'esistenza che si confronta con la propria solitudine nel bel mezzo dell'apocalisse. Voto: 8 alla fine del mondo

    commento di ProfessorAbronsius
  • Discreta apologia della solitudine. Voto 6.

    commento di ezzo24
  • gli zombi afoni lasciano il segno nella cinematografia del genere.

    leggi la recensione completa di Mike.Wazowski
  • Tanto, sin troppo si è detto sui cosiddetti "non morti", al punto da renderci diffidenti ogni volta che si ripresenta un'occasione per tirarli in ballo. Il film di Rocher però si focalizza sulle difficoltà di gestione della solitudine,quando la sopravvivenza, in qualche modo "stabile",induce a preoccuparsi di problematiche psicologiche non primarie

    leggi la recensione completa di alan smithee