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Il mistero di Wetherby

Regia di David Hare vedi scheda film

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La recensione su Il mistero di Wetherby

di alan smithee
8 stelle

“Il problema è che nessun crimine è stato commesso: è perfettamente legale se ti uccidi, persino se lo fai in presenza di terzi…..”. “Ma potrebbe essere che lei lo abbia provocato. E’ una donna in gamba, vittima prescelta di una vendetta estrema”.

Parole sante....: un giovane venticinquenne si intrufola subdolamente nella vita privata di una professoressa cinquantenne che vive con cosciente disinvoltura una solitudine accettata in tutti i suoi aspetti e sfaccettature, come conseguenza di una tragica storia d'amore interrotta dal caso e da eventi impondersbili.
Per farlo il ragazzo si introduce nella casa dell’insegnante proprio la sera che questa organizza una cena tra amici, facendosi passare per un conoscente di questi ultimi.

Quando il giorno dopo, apparentemente per caso, docente e ragazzo si rivedono e quest’ultimo confessa spontaneamente la sua totale estraneità al gruppo di amici della sera prima, nella donna si insinua un sentimento di dubbio misto ad angoscia, incredulità, che sfocia molto presto in terrore in quanto poco dopo la rivelazione lo studente impugna una rivoltella e si spara in bocca.

L’orrore di questa scena improvvisa e brutale scatena nella  donna tutto un fremito di insicurezza che abbatte immediatamente tutta la risolutezza con cui era solita affrontare la vita di tutti i giorni, le sue lezioni e il mondo studentesco che gestiva con sicurezza e una certa brillante verve accademica.

La vicenda assume, per uno scrupoloso detective incaricato delle indagini formali e di routine - dato che risulta fuori di ogni più plausibile dubbio che si tratta di un suicidio – un interesse quasi morboso che lo avvolge, lo ipnotizza sul caso, sulle anomalie e sulle incognite di una esistenza ed una morte senza spiegazioni.
Per questo il poliziotto, non immune nella sua vita privata da problematiche anche nel suo caso legate alla sfera relazionale intima, non riesce ad abbandonare il caso, di per sé già risolto pur se avvolto nel più fitto mistero e la sua investigazione si affianca ai tentativi della professoressa di capire il gesto estremo di quel singolare sconosciuto. Arrivando quest'ultima persino ad accogliere con sé una singolare ragazza che dichiara di aver frequentato per qualche tempo il misterioso suicida.

“Wetherby” rappresenta l’ esordio nella regia del grande drammaturgo e sceneggiatore David Hare, premiato con l’Orso d’Oro a Berlino nel 1985 per questa sua folgorante opera prima: che gioca abilmente sui misteri più profondi dell’animo umano e sulle angosce più implacabili e senza soluzione di una umanità che ama circondarsi di amicizie e conoscenze anche solo superficiali o frivole per sopravvivere al gelo di una incomunicabilità che ti aspetta al varco e ti spinge ad azioni sconsiderate e definitive.

Un bellissimo film volutamente ambiguo ed irrisolto, misterioso come un thriller inestricabile la cui soluzione si cerca di aggrappare al passato dei protagonisti o alla loro fragile sfera provata.
Una pellicola immotivatamente ed immeritatamente dimenticata da (quasi) tutti,  che attendevo di vedere dal lontano 1985, anno della sua uscita nelle sale e che ho rintracciato solo ora a poco tempo di distanza dall'altro prezioso ed inaccessibile film  sempre con la Redgrave di quegli anni ormai lontani, l’intenso ultimo Losey di Steaming, visto finalmente al TFF 2012.
Un film introvabile in in edizione italiana (ho beccato quasi fortuitamente l’ultima copia disponibile su Amazon in versione vhs fine anni ’80), con una fantastica, trainante, algida Vanessa Redgrave attorniata dai migliori attori britannici ancor oggi in circolazione, tra i quali e’ impossibile non menzionare Judy Dench, Ian Holm, Tom Wilkinsons, mentre una giovanissima Joely Richardson impersona (come se non sbaglio è già avvenuto in altre occasioni) la madre Vanessa nei flashback sulla gioventù della protagonista che piovono “a tradimento” sulla trama enigmatica ed irrisolta ma molto affascinante per il senso di angoscia che riesce a creare nell’animo dello spettatore quasi come nei migliori e più inquietanti film del connazionale Nicholas Roeg.  

 

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