Regia di David Leitch vedi scheda film
Messo prontamente in cantiere a seguito del portentoso successo del primo film, ad “appena” due anni di distanza arriva nelle sale Deadpool 2. E, come c'era d'aspettarsi, non convince appieno, facendo anzi risaltare gran parte dei difetti che erano già presenti nell’originale.
Se, difatti, il primo Deadpool esso stesso fingeva solo superficialmente di essere completamente fuori dai canoni, quando in realtà, a conti fatti, finiva per svilupparsi alla maniera di una banale origin story assimilabile a quelle che si divertiva a dileggiare, questo secondo film fa di peggio: finisce per far precipitare il personaggio, nonostante le numerose battutine (comunque, francamente, alquanto innocue), dalle parti, addirittura, del politicamente corretto.
Del “mercenario chiacchierone” sboccato, cattivo, scorretto dei comics qui rimane ben poco. E lo si intuisce sin dal prologo. Deadpool appare, qui, tenuto “a freno”, si fa meno esuberante e, soprattutto, molto meno scorretto e provocatore, e, per tramite delle scene “paradisiache”, nei dialoghi con la fidanzata, finisce per far emergere, di sottofondo, una morale familista e buonista, zuccherosa e lieve, che, sinceramente, da lui e da un film a lui dedicato non ci si aspettava.
Al contrario, ci si aspettava un film molto più “cattivo”, provocatorio, esaltato, “squilibrato”, non “addomesticato” e ricondotto nei canoni della normalità di un banale film di supereroi con tanto di scontro finale super-accessoriato.
E proprio le sequenze “in paradiso” sono quanto di più melenso venga proposto nel film e sdilinquiscono anche il resto del racconto, e che anche un antieroe finisca per diventare una sorta di nuovo, per quanto bizzarro, supereroe giusto un po’ “caciarone” e violento (ma, dopotutto, anche i supereroi “classici” nel mentre delle loro prodezze finiscono per uccidere, più o meno volontariamente, un gran numero di persone), è alquanto desolante, e non fa ben sperare per il futuro del cinema di genere.
Di quanto c’era di provocatorio nel film originale (comunque abbondantemente edulcorato rispetto ai fumetti), qui non rimane che un flebile ricordo.
Ciò non toglie che, in alcune scene, questo seguito riesca a strappare la risata, ma il “cattivo”, sempre che così si possa definirlo, è privo di carisma, procede per grugniti ed è solo l’ennesima variazione sul tema dell’androide assassino; la trama è inesistente (e lo ricorda in ben due occasioni Wade Wilson stesso); per non parlare poi del fatto che, quantomeno nella prima mezz’ora, il film fatica tremendamente ad ingranare, e propone una scontatissima “revenge and redemption” story (storia di vendetta e redenzione), con il fiato cortissimo.
Inoltre, ribadiamo ancora una volta, il sentimentalismo, in questo contesto, appare quanto di più fuori luogo si possa immaginare.
E i nuovi personaggi introdotti (ad eccezione, forse, di Domino) sono ben poco memorabili.
Grazie alla regia di Leitch le scene d’azione sono meglio coreografate che nel film precedente, ma al di fuori di ciò il film offre ben poco, e presenta almeno una ventina di minuti di troppo.
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