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Ready Player One

Regia di Steven Spielberg vedi scheda film

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La recensione su Ready Player One

di Antisistema
7 stelle

Ai tempi del primo trailer di Ready Player One (2018), il pessimismo verso tale opera fu molto elevato, per via dell'orgia di CGI mista ad una banalità sconcertante nella messa in scena, unito al fato che Steven Spielberg da sempre è stato un regista sopravvalutato ed anche se vogliamo considerarlo un grande, da anni ha smesso di dettare le tendenze nuove all'interno del panorama cinematografico, con tale film sembrava voler seguire la moda dei young adult con pessimi risultati di chi vuole sembrare giovane quando oramai ha 70 anni suonati ed a tutti i costi vuole rimanere nel giro che conta, anche se ha superato la data di scadenza da un pezzo. 
Però talvolta tra i trailer ed il film fatto e finito, c'è di mezzo un oceano, fortunatamente Steven Spielberg nonostante le 7 decadi alle spalle, mette a sedere con il culo per terra i detrattori ed i suoi colleghi più giovani, confezionando una pellicola immaginifica, sognante e traboccante di amore per la cultura nerd, messa in scena con garbo e grazia, evitando abilmente le trappole di una messa in scena videoludica per andare al cuore della materia e dei personaggi, da sempre perno della ricerca del suo cinema tanto blockbuster quanto meno costoso. Partendo da uno spunto tipico del cyberpunk miscelato con contaminazioni teen, Spielberg sin da subito ci descrive un deprimente 2045 dove inquinamento e sovrappopolazione, hanno fatto si che la realtà risulti uno schifo e tutti scelgano di rifugiarsi nel mondo virtuale di OASIS, dentro il quale trascorrono le giornate intere preferendo una vita virtuale ad una squallida esistenza reale. Wage Watts (Tye Sheridan) è un ragazzo che come gran parte della popolazione mondiale, trascorre la sua esistenza quotidiana su OASIS, nella figura dell'avatar Parcival, cercando di superare le tre prove inventate dal creatore di tale mondo James Halliday (Mark Raylance), che dopo la sua morte ha disposto di dare in gestione tale mondo virtuale a chi si fosse dimostrato degno superando le tre prove da lui poste. Diventare il gestore di OASIS comporterebbe un grande potere al suo proprietario, poichè potrebbe gestirne gli enormi introiti ed il traffico economico monetario, dato che in tale mondo virtuale oltre a giocare ed incontrarsi, si svolgono numerose attività lavorative, come Spielberg ben mostra durante la lunga sequenza introduttive, piena zeppa di informazioni, ma giostrata abilmente con esaustività e divertita ironia, nell'immersione dello spettatore in talerealtà virtuale, accompagnandolo con precise indicazioni che introducono anche chi è relativamente inesperto di tali cose (tipo il sottoscritto) in tale mondo, con una regia dinamica quando richiesta e al contempo soave e virtuosa in scene come quella del "salto" della pista da ballo nella discoteca virtuale, dove il regista trova la frescehzza di gioventù dietro la macchina da presa, con un'interessante ed audace scena di seduzione virtuale che si riverbera sensorialmente nella realtà, da cui risulta inscindibile.

Ready Player One dietro tali inquietudini, comunque vede la sua luce nel suo traboccare di amore puro nei confronti della cultura nerd, oramai divenuta di massa negli ultimi anni causa successo dei cinecomics e dell'interconnessione estrema tra videogiochi/fumetti/cinema e serie TV, ma in realtà nata come un qualcosa coltivato per anni ed anni solo da appassionati del settore, visti con aria di malcelato disprezzo dal resto della società e magari anche disadattati sociali come è stato James Halliday, ma in fondo onesti e puri nella loro passione, perchè coltivata incurante del possibile profitto monetario da tale idea e vissuta in modo totale e libero.

 

Tye Sheridan

Ready Player One (2018): Tye Sheridan


Se l'amore verso la cultura nerd e pop è totale da parte di Wage Watts e James Halliday (forse anche troppo eccessiva come ben si evidenzierà qua e là nella pellicola), non si può dire lo stesso da parte della multinazionale IOI capitanata dal CEO Nolan Sorrento (Ben Mendelsonh), che punta a prendere il controllo di OASIS, per togliere le restrizioni imposte dal suo fondadore e fare così dei profitti giganteschi, allo scopo di ciò, ha alle proprie dipendenze una schiera di videogiocatori ed un team di esperti di cultura pop; in pratica il capitale si è impadronito di un qualcosa di nicchia per renderlo mainstream al solo scopo di sfruttarlo e farci ancora più soldi, il cuore della ricerca filmica risiede tutto qui; Nolan Sorrento non ha alcuna passione verso la cultura pop, essa per tale imprenditore capitalista è solo un mero strumento per fare ulteriori soldi svilendo in tal modo un qualcosa di intimo e personale, che forse a conti fatti neanche così imprescindibile, però il nerd ha passato lungo tempo della propria vita nella conoscenza di ogni singolo elemento di tale cultura che spazia dal videoludico, al musicale sino al comparti filmico-musicale, quindi è estremamente ingiusto che uno sfruttatore capitalista come Nolan Sorrento se ne appropri per profitto senza voler fare alcuna "fatica" nell'interiorizzarla e comprenderla, al solo scopo di far contenti i soci della società, che saranno a cui interessa solamente il rendiconto trimestrale con il segno positivo per essere felici. 
Il mondo reale tranne per quanto concerne le location dell'IOI, è poco abbozzato ed originale nella messa in scena, che non si discosta dal filone delle pellicole d'ambientazione futuristica che vede i quartieri poveri come un agglomerato di baraccopoli simili alle favelas brasiliane, mentre la realtà virtuale pur non segnando nulla di nuovo nel campo dell'effettistica visiva, risulta comunque fresca e traboccante di citazioni in ogni singolo frame, Spielberg cura in ogni dettaglio la costruzione del mondo di OASIS così come il linguaggio adoperato dai personaggi che popolano tale realtà virtuale ed amici del protagonista come Aech e la misteriosa ma affascinante Art3mis, ma il regista conformemente alla morale di Halliday, riempie si il film di citazioni alla cultura pop e nerd, ma compie un'operazione lontanissima dalla banalità di uno Stranger Things qualunque dei fratelli Duffer, per darsi ad un lavoro di laboriosa archeologia, come ad esempio nella raffigurazione di King Kong come ostacolo nella prima prova, il design della gigantesca scimmia non è ripreso da quello del recente film di Peter Jackson, ma direttamente dalla pellicola del 1933, che per quanto nota nell'immaginario collettivo, in pochi avranno visto, così come la divertentissima dissacrazione di un capolavoro assoluto come Shining di Stanley Kubrick (1980) nella seconda prova, dove Spielberg ci fa intuire quanto sia labilissimo il confine tra lo spavento e la comicità nell'horror, finendo con tale omaggio al maestro, di confermare ancora di più la grandezza di Kubrick, che immagino avrebbe gradito molto tale sequenza dietro la sua scorsa di regista di ghiaccio. Ready Player One è un viaggio puro nel mondo della cultura nerd, un giro di giostra che non si vorrebbe veder finito mai, dove i protagonisti ed i nemici sono schematici ma funzionali più che mai alla narrazione imbastita dal padre del blockbuster Steven Spielberg, che a 70 anni gioca sul medesimo terreno dei suoi colleghi coetanei mettendoli tutti in riga, se questo conferma quindi lo stato di salute dell'anziano regista, purtroppo ci rattrista per la mediocrità delle nuove leve, ma anche per l'idiozia del pubblico odierno che ha poco premiato negli incassi tale opera (nonostante i 582 milioni, il film in patria è stato una mezza delusione ed ha raggiunto il vero successo solo in Cina), dimostrandosi oramai totalmente rincoglionito dai cinecomics Marvel/Disney ed in capace di apprezzare il vero cinema d'intrattenimento blockbuster, che non ti instupidisce, ma rispetta lo spettatore, lasciandogli anche un vera morale sul bisogno della realtà come luogo primario, anche se forse declinato in un modo leggermente edonista, ma d'altronde Steven Spielberg è sempre stato questo, prendere o lasciare. 

 

Ben Mendelsohn

Ready Player One (2018): Ben Mendelsohn

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