Regia di John Carroll Lynch vedi scheda film
Il deserto, quello in cui Henry Dean Stanton vagava nelle prime inquadrature di Paris, Texas, quello in cui adesso cammina, quasi novantenne, verso la fine della sua esistenza, passo dopo passo, continuando ad affrontare quel lungo e misterioso percorso che ci accomuna tutti quanti. C’è l’apparente senso di un’intera vita in ogni sorriso che scaturisce dal vuoto, in un attimo di gioia che nasce dal nulla: una canzone improvvisata, un abbraccio inatteso, un invito inaspettato. Ci sono il buio e l’oscurità e la tristezza e la malinconia al loro interno
Well, you're my friend
And can you see
Many times we've been out drinking
Many times we've shared our thoughts
But did you ever, ever notice
The kind of thoughts I got?
Well, you know I have a love
A love for everyone I know
And you know I have a drive
To live, I won't let go
But can you see this opposition
Comes rising up sometimes?
That it's dreadful imposition
Comes blacking in my mind
And then I see a darkness
And then I see a darkness
And then I see a darkness
And then I see a darkness
Did you know how much I love you?
Is a hope that somehow you
Can save me from this darkness
i tramonti dll’anima, le centinaia di sigarette, i bloody mary, le chiacchiere sullo sgabello di un bar, le persone che ti conoscono, i gesti ripetuti ogni mattina, tutto quello che prima o poi è destinato a svanire. Quindi tanto vale non aggrapparsi a niente e a nessuno, cercare di sentirsi vivi in un istante e in quello successivo, Satori sullle dune, fra enormi cactus che ci guardano silenziosi. Numeri rossi lampeggianti in attesa che il tempo torni a scorrere, i ricordi della guerra, David Lynch che sembra in qualche bizzarro modo essere arrivato direttamente da Twin Peakse lo stesso Henry Dean Stanton che si mostra nella sua decadenza fisica, impaurito dalla fine che sta per sopraggiungere, nella sua voluta e difesa solitudine, che ancora prosegue il suo viaggio, lentamente, come Alvin Straight, suo fratello di sangue in un’altra storia, per sparire poi oltre i limiti di un’ultima immagine, dove fra l’uomo e l’attore non vi è ormai più alcuna differenza.
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