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Morto Stalin, se ne fa un altro

Regia di Armando Iannucci vedi scheda film

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La recensione su Morto Stalin, se ne fa un altro

di mm40
3 stelle

1953. Stalin ha un malore nel suo ufficio, ma nessuno osa aprire la porta per molte ore. Di fronte al corpo in fin di vita del Presidente si ritrovano poi i suoi collaboratori più fedeli, tutti decisi a sbarazzarsi al più presto dell'ingombrante figura politica.

 

Opera seconda per lo scozzese - di chiare origini italiane - Armando Iannucci, regista noto nel Regno Unito soprattutto per lavori televisivi di marca satirica, Morto Stalin se ne fa un altro è un film indubbiamente deludente nonostante le ottime premesse. Al di là della positiva fama di Iannucci, anche l'idea di partenza risulta intrigante: raccontare le ultime ore di vita di Stalin, colpito da un malore nel suo studio privato e lasciato agonizzare per timore di aprire la porta senza il suo permesso - roba da commedia all'italiana dei tempi d'oro, insomma. Da questo spunto è nato il graphic novel di Fabien Nury e Thierry Robin (The death of Stalin) da cui il film è tratto, con una sceneggiatura firmata da Ian Martin, David Schneider e dal regista, con la collaborazione di Peter Fellows; a conti fatti però la pellicola risulta priva di equilibrio proprio dal punto di vista comico, sguaiata oltremodo e caotica, arruffata negli snodi principali della trama. Tanto per essere più precisi, è veramente difficile simpatizzare per una manciata di personaggi russi che nella Mosca del 1953 si comportano con toni e modi totalmente inglesi e moderni, lasciando spazio a una fin troppo marcata ironia che nulla ha a che vedere con l'ambiente in cui l'azione si svolge. A parte ciò deludono anche i due volti di spicco nel cast e cioè quelli di Steve Buscemi e di Michael Palin: pure incolpevoli, i due si ritrovano inseriti in una farsetta ridanciana nella quale poco possono fare, se non adeguarsi ai ruoli di macchiette loro attribuiti. Altri interpreti: Simon Russell Beale, Jason Isaacs, Olga Kurylenko, Rupert Friend, Paddy Considine e Jeffrey Tambor. Considerando che il debutto di Iannucci in sala, ovverosia In the loop (2009), era stato premiato al Sundance e aveva ricevuto una nomination agli Oscar (sceneggiatura), un po' di amaro in bocca rimane. In Russia il film è stato bandito - per la prima volta dopo il crollo dell'Unione Sovietica - e francamente non si fatica a capire, fuor di metafora, il perchè. 3/10.

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