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Il rituale

Regia di David Bruckner vedi scheda film

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La recensione su Il rituale

di alan smithee
5 stelle

NETFLIX

C'erano cinque amici che progettavano di viaggiare il mondo, dibattendosi ogni volta sulla meta da intraprendere. Quando uno tra essi rimane vittima di una banale ma traumatico incidente (trovarsi al momento giusto nel posto sbagliato gli è risultato fatale), finisce che la meta proposta da quest'ultimo diviene il progetto del prossimo viaggio dei quattro superstiti: un viaggio a piedi in tenda tra i mondi della Scandinavia, che aiuti in particolare il testimone del devastante episodio che ha portato alla morte il quinto amico, a togliersi di dosso il rimorso di non essere intervenuto in favore dell'amico, rimasto vittima di una banale rapina ad un supermercato finita nel peggiore dei modi.

Peccato che, dopo il brindisi nostalgico iniziale in onore del defunto, e l'euforia montante da nuova avventura, i quattro viaggiatori si ritrovino, poco dopo, gravemente in ritardo rispetto alla tabella di marcia che li vorrebbe in serata presso il primo rifugio ad alta quota, e che costoro decidano di prendere una scorciatoia lungo un ameno quanto insidioso percorso tra la fitta foresta. La decisione, sul far della notte, di rifugiarsi in un tetro casolare abbandonato, dopo aver incontrato lungo l'accidentato cammino i segni inquietanti di una tortura perpetrata ad animali selvaggi anche di grossa stazza, non farà che cacciarli verso un pericolo da cui riuscire a venirne fuori risulterà estremamente complicato.

Da un regista specializzato in horror, spesso co-diretti assieme ad altri colleghi, come il noto VHS o The signal, l'americano David Bruckner, The ritual, tratto dall'omonimo romanzo di Adam Nevill, inizia molto bene e promette altrettanto bene fino oltre la prima metà dell'incalzante - seppur non nuova - vicenda a sfondo horror che ne scandisce ritmo e situazioni.

A pregiudicare le valide premesse condivise oltre 3/4 di pellicola, tesa e attanagliante anche senza rinunciare alle solite situazione cameratistiche tra amici, innanzitutto una certa eccessiva disilvoltura con cui lo sceneggiatore Joe Barton si avventura nel voler rendere palpabile il rimorso da mancato intervento che alberga nell'animo dell'amico sopravvissuto alla tragedia: sensazione tradotta in situazioni allucinatorie confuse o mal congegnate che intervengono a complicare la vicenda quando l'incubo tenta invano di materializzarsi, dopo aver messo a punto il suo lento, ma inesorabile, assedio a danno dei nuovi ospiti della foresta.

La minaccia, palpabile ma sempre ostentatamente rimandata nel suo esplicitarsi, richiede ad un certo punto di palesarsi di fronte alla inevitabile esigenza dello spettatore di capire e far quadrare una matassa protratta per sin troppo tempo senza indizi concreti su cui darsi un perché. E quando proprio non si può proseguire oltre nel procrastinare, ecco che l'oggetto della crudele, quasi esoterica mattanza, finisce inevitabilmente per apparire ridicolo o quantomeno troppo bizzarro rispetto alle sin troppo alte aspettative che ci si era costruito attorno.

Tra gli interpreti, Rafe Spall è piuttosto bravo nel ruolo del turbato protagonista dalla coscienza devastata per il suo irresistibile ed un po' codardo, ma anche molto umano, ritrarsi di fronte ad una minaccia risultata poi fatale al suo amico più caro: per questo suo ruolo, sofferto e sin complesso, l'attore fu premiato a Sitges in occasione dell'edizione 2017 del Festival del cinema fantastico.

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