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Tonya

Regia di Craig Gillespie vedi scheda film

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La recensione su Tonya

di port cros
6 stelle

Biopic su una celebre storia maledetta dello sport anni 90, che con toni da commedia nera e grottesca cerca di indurci a comprendere e perdonare la sua controversa protagonista. Se la realizzazione ha i suoi punti di forza, il tentativo di riabilitare questo oscuro personaggio mi lascia quantomeno perplesso.

 

La “storia maledetta” di Tonya Harding e Nancy Kerrigan monopolizzò l’attenzione mediatica nel 1994 in occasione delle Olimpiadi invernali di Lillehammer in cui le due, membri della nazionale statunitense di pattinaggio su ghiaccio, si trovavano a competere l’una contro l’altra per l’oro olimpico, mentre un infamante sospetto pesava sulla prima: aver organizzato l’aggressione con cui un ignoto aveva tentato di spezzare la rotula della seconda alla vigilia dei Giochi, nel tentativo di impedirle di gareggiare.

Margot Robbie

Tonya (2017): Margot Robbie

 

Il film non si limita a questa vicenda rimasta nell’immaginario collettivo, ma la inserisce come momento culmine nella vita della Harding, proponendosi come un vero e proprio biopic. La ricostruzione è condotta, in maniera avvincente, con toni da commedia nera, partendo dall’infanzia con le prime scivolate da piccolissima sulla pista di ghiaccio sulla spinta di una madre oppressiva e crudele, che la maltrattava allo scopo di spingerla a dare il massimo, fino all’incontro da adolescente con lo scapestrato futuro marito Jeff , un violento che la maltratta e la metterà nei guai introducendo nel suo entourage l’amico Shawn, un deficiente che millantava inesistenti esperienze nell’anti-terrorismo e che sarà la “mente” del disastroso piano criminale, di cui il film riesce a trasmettere l’incredibile stupidità ed il pressapochismo che ne hanno contraddistinto la progettazione e realizzazione.

 

La storia è in parte un mockumentary , come se i personaggi chiave, ormai di mezza età, venissero oggi intervistati a commento delle vicende del passato, rivissute attraverso flashback negli anni 80 e 90. Alla ricerca di originalità, il regista utilizza anche la rottura della quartparete, in momenti in cui i personaggi si rivolgono direttamente al pubblico (il più divertente quando la madre si lamenta che la sua storia sta sparendo dalla pellicola). Il grottesco e l’umorismo nero sono i toni dominanti, persino nelle ripetute scene di violenza domestica.

Le sequenze delle evoluzioni sul ghiaccio sono entusiasmanti e ben eseguite, d il raffronto con i filmati delle gare rivela la meticolosità della ricosruzione. La Robbie che si è allenata per mesi per essere credibile in pista, anche se ovviamente il mitico “triplo axel”, riuscito a poche pattinatrici nella storia, è reso attraverso il montaggio e gli effetti visivi.

 

Margot Robbie, Sebastian Stan, Julianne Nicholson

Tonya (2017): Margot Robbie, Sebastian Stan, Julianne Nicholson

 

Ciò che mi ha lasciato più perplesso è l’evidente tentativo del regista di giustificare la Harding, sposando in pieno la tesi innocentista sostenuta dalla stessa, secondo cui Tonya avrebbe voluto “soltanto” spaventare la rivale con minacciose lettere anonime, mentre sarebbe stata all’oscuro del piano di aggressione, tutto ciò nonostante la condanna penale inflittale dalla giustizia per il suo coinvolgimento. Inoltre la pellicola sceglie di farci simpatizzare con la protagonista ritraendola come una vittima: del suo ambiente sociale degradato, della madre tirannica, del marito violento, del circuito mediatico, dello stesso mondo elitario del pattinaggio che l’avrebbe discriminata per la sua rozzezza proletaria.

Coerente con questa presa di campo, ma anche moralmente discutibile, è il modo in cui la figura di Nancy Kerrigan viene pressoché totalmente cancellata: presente quasi solo nella scena dell’aggressione, è persino ignorata nel finale in cui veniamo informati su “cosa fanno ora” i protagonisti. Nonostante siano con ogni evidenza un elemento centrale della vicenda, le sue Olimpiadi non vengono nemmeno mostrate: lo shock dell’aggressione , la paura e la rabbia per anni di duro allenamento che rischiano di andare fumo ed infine il recupero e la prova che la porterà alla medaglia d’argento nel film non ci sono; la premiazione sul podio è brevemente intravista, ma solo per concedere alla rivale un commento acido.

Proprio per questa discutibile scelta, la sceneggiatura , efficace nella prima parte a mostrarci l’ascesa della giovane Tonya, diventa meno mordente nella seconda parte, dove troppi momenti topici sono messi da parte.

 

Allison Janney

Tonya (2017): Allison Janney

 

Gli attori sono convincenti dell’interpretare i personaggi di questa storiaccia, come si evince dalle immagini dei veri protagonisti che scorrono sui titolo di coda. Margot Robbins si imbruttisce e ci regala una performance cruda e viscerale della protagonista, ma è Allison Jenney che si è portata a casa l’Oscar per il ritratto della dispotica e anaffettiva madre.

 

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