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Bright

Regia di David Ayer vedi scheda film

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La recensione su Bright

di Humbug
5 stelle

Colmo di facilonerie di scrittura e sostanzialmente incompiuto in vari aspetti, Bright funziona quando Ayer si muove negli ambienti a lui più consoni ma meno quando vira verso il fantasy più puro.

In un presente immaginario in cui varie creature fantastiche ed esseri umani condividono l’esistenza, gli agenti Daryl Ward (Will Smith), veterano prossimo alla pensione, e Nick Jakobi (Joel Edgerton), un orco vittima dei pregiudizi contro la sua razza in cerca di riscatto, dovranno collaborare per lottare contro le forze del male e sventare la venuta di un signore oscuro...

Questa in sintesi, ma nemmeno troppo, la trama di Bright, ultima fatica di David Ayer e primo vero “blockbuster” targato Netflix, per la cui realizzazione ha stanziato ben 90 milioni di dollari, chiaro segno della propria volontà di alzare ulteriormente l’asticella anche per quanto riguarda le produzioni cinematografiche e non solo quelle seriali.

Massacrato dalla critica oltreoceano, ma piuttosto apprezzato dal pubblico, la sensazione generale che si ha al termine della visione è innanzitutto quella di aver assistito alla messa in onda di un pilot lungo due ore.
Domande senza risposte, problemi ancora irrisolti, questioni appena accennate e un mondo potenzialmente interessantissimo esplorato solo parzialmente lasciano un evidente senso di incompiutezza che, malgrado gli evidenti piani di crearne un franchise e il recente annuncio di un sequel, vanno ad inficiare parecchio nel giudizio complessivo del prodotto.

Tuttavia, detto ciò, non tutto è da buttare.
Ayer, nonostante il recente passo falso di Suicide Squad, è un regista/sceneggiatore ormai esperto e promulgatore, non a caso visto il suo passato militare, di un cinema “muscolare” che dà il meglio di sé proprio quando si muove nell’ambiente dei bassifondi urbani.
E finché il film rimane in quest’area, funziona e anche piuttosto bene, riuscendo a far passare in secondo piano le tante facilonerie di scrittura che si presentano specialmente nella seconda parte.
I problemi veri sorgono invece nei momenti in cui si entra maggiormente a contatto col fantasy più puro, gestiti davvero male dal punto di vista narrativo e della messa in scena, i quali rendono, paradossalmente, quello che doveva essere il motivo di originalità del lungometraggio il suo vero punto debole.

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