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C'eravamo tanto amati

Regia di Ettore Scola vedi scheda film

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La recensione su C'eravamo tanto amati

di LorCio
10 stelle

 

Un uomo si sta per tuffare dal trampolino della sua piscina privata. Altre tre persone lo guardano atterriti. È l’incipit di questo splendido film, sulle note di un malinconico Trovajoli, magistralmente scritto da Age, Scarpelli e Scola con battute che rimangono impresse nella memoria. Che dire di questo brillante affresco che abbraccia venticinque anni di storia italiana, calibrando benissimo pubblico e privato, commedia assai malinconica, divertente e amarissima. Antonio Cotichella, Gianni Perego e Nicola Palumbo hanno fatto la guerra insieme, tra i partigiani. Chiusa quest’esperienza tornano nelle rispettive città: l’umile Antonio a Roma, dove riprende a lavorare come portantino all’Ospedale San Camillo; l’arrivista Gianni a Pavia, dove consegue la laurea in legge; l’intellettuale Nicola a Nocera Inferiore, dove diventa insegnante e mette su famiglia. Il caso vuole che Antonio incontri in ospedale Luciana Zanon, bella fanciulla friulana con aspirazione d’attrice. Innamorato di lei, Antonio la presenta a Gianni: tra loro due nasce subito una alchimia che porterà alla rottura dei rapporti con Antonio.

 

 

Intanto, Nicola viene cacciato dalla scuola in cui esercita per aver difeso durante un cineforum Ladri di biciclette di Vittorio De Sica (il film che cambierà il coro della sua vita, ammetterà amaramente) che finti cinefili del paese bistrattano come l’ha maltrattato “un giovane cattolico di grande avvenire vicino a De Gasperi”. Cerca riparo a Roma, dall’amico Antonio. Ma al Re della Mezzaporzione, modesto ristorante teatro della nostra storia, si rifà viva Luciana, che ha lasciato Gianni, reo di aver preferito l’ignorante ma delicata figlia di un palazzinaro criminale romano, Elide Catenacci. Antonio pensa di poter riprovare ad intraprendere la relazione, ma si fa avanti Nicola, che la corteggia indirettamente recitando a memoria la scena madre de La corazzata Potëmkin. Ma la storia non andrà mai in porto.

 

 

Tentato il suicidio, Luciana decide di convocare al suo capezzale tutti i tre amici: Gianni non ha il coraggio di entrare e non capisce il coinvolgimento di Nicola, ma Luciana decide di far venire tutti i nodi al pettine. Le strade dei tre si separano. Passano gli anni, Gianni ha sposato Elide (che cerca anche di istruire, facendole leggere libri “molto tosti” come “I tre moschettieri”) e salvato dalla galera i Catenacci. Nicola tenta la fortuna partecipando a Lascia o raddoppia? come storico del cinema italiano, ma una fatale domanda su Ladri di biciclette gli farà perdere tutto (e perderà tutte le cause inoltrate contro la Rai). Antonio ritrova Luciana che fa la comparsa ne La dolce vita di Federico Fellini. L’incontro con il suo arrogante impresario porterà ad un’altra rottura con la donna.

 

 

Si rincontreranno più tardi, quando Luciana, abbandonati i sogni cinematografici e con un figlio, sarà presa in sposa da Antonio. Ancora più cinico, arrogante e indifferente, Gianni litiga furiosamente con il suocero e non s’accorge dell’incomunicabilità che regna in quella grande casa, dove tutti non trovano tutti. E che porterà la moglie alla morte. Gli apparirà in sogno, tra i rottami della automobili, dettando sentenze sulla sua condizione di vita (“ora sono importante per te?” chiede Elide, per poi puntualizzargli “sei tu che non sei importante per nessuno, lo eri solo per me”).

 

 

Nicola, solo e abbattuto, assiste ad una kermesse con De Sica ospite d’onore, che fornisce la stessa risposta che ha lui ha dato alla domanda del quiz di Bongiorno (perché il bambino piange?) e commenta tristemente: “volevamo cambiare il mondo, invece è il mondo che ha cambiato noi”. Passano altri anni e Antonio ritrova Gianni, che non riesce ad uscire con l’automobile, bloccato da altre. Pensando che si stia guadagnando la pagnotta facendo il parcheggiatore, lo invita ad una rimpatriata con Nicola. A conclusione di una serata amarissima e malinconica (“la nostra generazione ha fatto schifo” “il futuro è passato e non ce ne siamo nemmeno accorti” “l’amicizia è una combutta tra pochi, una complicità dissociale”), un litigio tra Antonio e Nicola (generato dall’esternazione di Nicola “meglio essere intellettuali fracidi, che proletari imborghesiti”), che mette alla luce i suoi fallimenti. Intanto Gianni cerca di confessare la sua condizione sociale, ma il primo, invece, preannuncia una sorpresa.

 

 

Poetico, struggente e nostalgico film, ovviamente di sinistra, ma non di propaganda: è evidente che le simpatie degli sceneggiatori stanno nel personaggio di Nicola, anche se il vero protagonista è Antonio, come sono palesi l’antipatia che gli autori provano per Gianni e la dolcezza che impartiscono in Luciana ed Elide. È geniale l’idea di fotografare il film in bianco e nero fino agli anni cinquanta (ovvero: il tempo del neorealismo è finito) e a colori immediatamente dopo (l’epoca del boom e della prosperità), determinata da un madonnaro che disegna il suo soggetto su una piazza. Il vero asso nella manica di questo eccellente film è il meraviglioso cast: Nino Manfredi, mastodontico eroe popolare; Vittorio Gassman, memorabile antieroe negativo; Stefano Satta Flores, stupendo intellettuale frustrato; Stefania Sandrelli, indimenticabile (s)oggetto del desiderio; Giovanna Ralli, splendida popolana arricchita e tormentata.

 

 

Aldo Fabrizi, immenso, che non si fa scrupoli a licenziare un operaio che c’ha famiglia (“embè, anch’io c’ho famiglia”), che appende un fiocco azzurro ad ogni suo compleanno (“mi aiuta a mantenemme vivo e vegetale”), che rimpiange il fu Benito, che si fa amici cardinali e politic e che rende omaggio alla porchetta durante i banchetti della sua azienda (“l’essere più solo al mondo è l’uomo ricco”; “Io nun moro!”). Cammei fondamentali Mike Bongiorno, Federico Fellini, Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica, a cui è dedicato il film. Straripanti e commoventi musiche di Armando Trovajoli.

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