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Il filo nascosto

Regia di Paul Thomas Anderson vedi scheda film

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L'autore

Badu D Shinya Lynch

Badu D Shinya Lynch

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La recensione su Il filo nascosto

di Badu D Shinya Lynch
9 stelle

 

 

Architettura morbosa 

avvolta da

Velluto Blu (e bianco)

 

locandina

Il filo nascosto (2017): locandina

 

Phantom Thread è un film perfetto, nonché, sicuramente, il film perfetto - sia da un punto di vista narrativo che formale - per antonomasia di Paul Thomas Anderson. Non solo: è anche, e soprattutto, il film velatamente più morboso e morbidamente più mortifero dell'autore statunitense. Ancor più, l'ultimo lavoro del regista di The Master, risulta essere un lungometraggio implicitamente fantasmatico, come se il melodramma anni '50 incontrasse il cinema di Weerasethakul.

Phantom Thread è, prima di tutto, un film d'amore , il quale, il suddetto sentimento, però, risulta coperto da un'asfissiante e totalizzante superficie bianca, che raffigura il freddo tessuto filmico che nasconde l'incontrollabile moto interiore, nonché il movimento emozionale [da sottolineare il fatto che Alma in spagnolo, significa anima, ciò che, in questo caso, sta sotto il vestito]. Ecco che, allora, il filo nascosto è l'emozione e, nello specifico, l'amore. Emblematica è la sequenza intorno al minuto 1.31.00, in cui la m.d.p., con una lenta carrellata in avanti, si spinge dolcemente verso Reynolds ed Alma, superando gli ostacoli della casa (gabbia armoniosa che imprigiona l'emozione e i corpi, i quali vengono relegati a compiere quotidianamente gli stessi identici e meccanici movimenti) affinché si annulli qualsivoglia distanza e respingimento sentimentali, proiettandosi anche oltre il sopracitato disinnescante e stringente tessuto filmico, ovvero questa superfice bianca, rappresentata in questo caso dall'abito bianco che indossa un inanimato manichino; annullando, anche, un reiterante out focus che evidenzia un imperituro individualismo, ovvero l'impossibilità di una limpida fusione o conciliazione relazionali. È, quindi, il bianco, volto a rappresentare il limite, il vincolo, la superficie lynchiana che nasconde, al di sotto, un mondo perverso, febbrile ed incontrollabile. Si pensi, ad esempio, come in un paio di casi, questa "superficie bianca" annulli ogni possibilità di movimento interiore [che è quindi interno, nell'immagine], poiché totalizza quasi completamente il quadro visuale: il tessuto ondulato su cui lavorano al minuto 1.13.12; la montagna cresposa al minuto 1.35.26, che immerge ancora il protagonista in quel meccanismo castrante ed anestetizzante che è il suo lavoro, la quale, inoltre, ricorda, in un certo qual modo, lo stesso ondulato tessuto bianco della sequenza precedente a quest'ultima. A contrapporsi,però, a questo colore freddo e cadaverico, ci pensa un'altra (ir)realtà cromatica, ovvero quella passionale e calda, raffigurante, stavolta, lo spazio inconscio, onirico e perverso. Tra le varie sequenze che confermerebbero la suddetta ipotesi, ci penserebbe quella concernente le donne che salgono le scale nella parte cromatica calda [minuto 02.55], ovvero a sinistra, nel quadro visuale, come a palesare un latente desiderio rapportuale riguardante il sesso femminile, il quale, appunto, emerge. Successivamente, in due sequenze, la porta che dà alle scale dalla quale in precedenza son salite le numerose donne, e dalla quale, poi, si ri-tuffano, ovvero si r-immergono nell'inconscio del protagonista, verrà preventivamente chiusa da Cyril [minuto 06.05 e minuto 1.00.50], la sorella, per evitare che ri-salga in superficie il pericoloso e destabilizzante desiderio del femminile, come a voler proteggere Reynolds. È sempre lei, che nella seconda sequenza [1.00.50], chiude la porta in presenza di Alma, per palese protezione verso l'incolumità psichica del fratello. Oppure, si potrebbe citare la sequenza onirica nella quale, anche qua, spicca, a livello cromatico, una sfumatura calda e pulsante, in cui lui, delirante, vede la madre [minuto 1.27.39]. Da notare come quest'ultima si trovi vicino alla porta sinistra, ovvero quella, come nelle sequenze sopracitate, riguardante la dimensione inconscia, che, nella suddetto momento filmico, evidenzia, stavolta, la parte quasi infantile, freudiana, indebolita di Reynolds. In questo caso, l'impronta cromatica sottolinea come il personaggio interpretato da Daniel Day-Lewis sia privo di inibizioni consce. Come ennesima e ultima prova di questa diversificazione cromatica, in cui primeggia un colore acceso e bruciante, si potrebbe nominare quella in cui Alma racconta la necessaria e salvifica(?) perversione (il filo nascosto) concernente la storia amorosa tra lei e Reynolds oppure perversa [incipit / 1.10.28 / excipit / etc.]. Stessa sfumatura cromatica che, guarda caso, si riscontra nel momento in cui lei mette i funghi velenosi a cucinare [minuto 1.11.43.], cosicché l'amore possa malatamente e perversamente emergere.

 

Lesley Manville

Il filo nascosto (2017): Lesley Manville

Daniel Day-Lewis

Il filo nascosto (2017): Daniel Day-Lewis

 

Questa contrapposizione cromatica, ovvero i colori freddi che si contrappongono a quelli caldi, non solo evidenziano doppiamente la costante e velata incombenza del dualismo eros&thanatos [a tal proposito, Reynolds dichiara che "c'è un'aria di quiete e morte in questa casa."], ma riporta alla mente dello spettatore la medesima contrapposizione presente in Eyes Wide Shut. Per chi scrive, sarebbe più corretto citare il film di Kubrick non solo per la questione concernente il contrasto dei colori, ma anche per la frase finale pronunciata da Alice [Nikole Kidman], che recita "fuck", la quale potrebbe essere associata all'ultima frase pronunciata da Reynolds, ovvero "And I'm getting hungry": entrambe le frasi sembrerebbero palesare la recidività ineluttabile della perversione amorosa ed esistenziale; la dipendenza dal desiderio perverso che è, in sostanza, (im)puro amore.

 

-

 

Per tutto ciò scritto in questo pezzo, Phantom Thread risulta un'opera morbosamente divina e armoniosa; un mix apollineo tra Cronenberg, Lynch e Hitchcock.

 

Vicky Krieps, Daniel Day-Lewis

Il filo nascosto (2017): Vicky Krieps, Daniel Day-Lewis

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