Regia di Marius Holst vedi scheda film
Dramma dell'immigrazione, dal Kosovo alla Norvegia nella fattispecie, ben ritmato ma che difetta un po' nella costruzione dei caratteri dei personaggi. Un ottimo Enrico Lo Verso tra i protagonisti.
Come un po' tutti i Paesi dell'Europa occidentale, anche la Norvegia ha conosciuto negli ultimi due decenni il fenomeno del boom dell'immigrazione in massa. E anche il cinema nazionale affronta sempre più spesso i drammi legati a tale fenomeno, basti segnalare titoli come “Before Snowfall”, “Letter to the King” o il recente “Welcome to Norway”. “Mirush” (“Blådsbond“, letteralmente 'legame di sangue' nell'originale) segue i passi dell'eponimo giovane protagonista dall'impoverito Kosovo fino all'illusione di una vita nuova in quel di Oslo. E il regista Marius Holst (“King of Devil's Island” il suo titolo più noto) è anche bravo ad infondere al racconto un buon ritmo e un senso di apparente realismo. Quello che secondo me fa perdere qualche punto alla pellicola è però da un lato un tratteggio dei caratteri dei personaggi e le conseguenti interazioni tra di essi non esattamente ineccepibile, e dall'altro un finale da mafia-movie del tutto ingiustificato che banalizza un po' il tutto. Resta nel complesso un'opera di discreta qualità ma che non aggiunge granché al filone trattato. Da notare la presenza di Enrico Lo Verso (molto bravo e non doppiato) nei panni di Bekim, padre di Mirush.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta