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The Square

Regia di Ruben Östlund vedi scheda film

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La recensione su The Square

di Malpaso
9 stelle

Non c’è niente che non sia stato già detto in The Square, ma il registro grottesco e il punto di vista ironicamente distaccato di Östlund rendono l’opera uno dei più potenti attacchi al mondo dell’arte in primis, quindi all’esemplare modello capitalistico svedese.

The Square di Ruben Östlund è una richiesta d’aiuto, un tragico proclamo nel buio atto a svelare l’apparente e fragile benessere di una società accecata dalla propria perfezione estetica, scambiata non a ragione per etica. Si presenta così il film stesso, calibrato alla perfezione in ogni sua inquadratura, in un tempo esteso il necessario per renderne straniante la bellezza. Un’antitesi.

 

Christian è il curatore di una mostra d’arte contemporanea e la sua vita cambierà totalmente nel momento in cui affronterà le difficoltà nel rapportare il pubblico a questo mondo tanto chiuso e inavvicinabile. “You have nothing”, mucchi di terra e sassi, visitatori si affacciano e fuggono. Nessun tentativo di comprendere, la risposta automatica “no grazie” risulta appropriata alla richiesta di salvare delle vite umane. I mendicanti chiedono delle monete, ma non possono essere soddisfatti: nessuna traccia di snobismo, ma nemmeno di contanti. Non ci si può capire nella società svedese dipinta da Östlund, dove le differenze sociali eccessivamente marcate diventano un muro invalicabile, per quanto possa esserci la giusta propensione da entrambe le parti. E così allo stesso modo l’arte, che non riesce, forse non può, parlare a tutti.

 

Quindi The Square non cede al rischio di diventare opera dissacrante fine a se stessa. L’autore dà spazio agli attori e al tempo scenico, soffermandosi in particolare sulla mancanza di contatto reale tra i personaggi che, quando sono in scena, sono comunque in luoghi altri. Il risultato è un cinema dell’assurdo. La lunga scena della performance artistica dell’uomo scimmia, esasperata all’eccesso, diventa allegoria e manifesto dell’impossibilità di comunicare: mendicante e borghese, arte e uomo, uomo e scimmia. Il quadrato, santuario di fiducia e amore, fissa delle leggi etiche a cui non ci si può sottrarre allo stesso modo in cui la messinscena cinematografica costringe persone diverse, mondi diversi, a scontrarsi in una “salad bowl” il cui effetto non può che essere grottesco, se non tragico.

 

Non c’è niente che non sia stato già detto in The Square, ma il registro grottesco e il punto di vista ironicamente distaccato di Östlund, in virtù anche di una presa di coscienza sociale per niente ovvia nel distaccato mondo nordeuropeo, rendono l’opera uno dei più potenti attacchi al mondo dell’arte in primis, quindi all’esemplare modello capitalistico svedese. Un sistema, quello dell’arte, millantatore al di fuori della propria realtà, sempre più circuita ad un raggio d’azione mai così ristretto, quasi inesistente. Così la conferenza è la tragica summa di pensieri inconciliabili, la gogna pubblica di un mondo di credenze destinato all’oblio, rappresentato da un protagonista inadeguato alla vita, incapace di comprendere l’effetto delle sue stesse azioni.

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