Regia di Kathryn Bigelow vedi scheda film
Sono troppi anni che la Bigelow non fa Cinema e questo è un male per la Settima Arte. Lo dimostra, ancora una volta, questo straordinario affresco di una Detroit della fine degli anni sessanta, dove la regista americana non fa sconti a niente e a nessuno. Il suo Cinema, così civile, così potente, si adatta perfettamente a una storia di "ordinario" razzismo americano, un altro fatto reale, purtroppo, che viene ricostruita in due ore e venti minuti adrenalici e senza possibilità di fuga. Dopo un inizio un po' caotico, una bolgia di rivolte e musica Motown, tanto per calarci in quei tempi, fra rivolte razziali e sociali, la scena si sposta al chiuso, dentro il Motel Algiers, in cui si contrappongono ferocemente, in una notte, alcuni agenti razzisti e un gruppo di giovani neri (e due ragazze bianche), accusati di aver sparato contro le forze dell'ordine. La Bigelow ricostruisce il tutto, dalle carte processuali e dalle testimonianze e ci rende partecipi di un massacro in poche stanze, quasi una micro visione di un qualunque regime totalitario del periodo. Almeno un'ora e mezza in apnea, con una forza cinematografica straordinaria (e attori straordinari), rarissima al giorno d'oggi, per sciogliersi nella snella parte processuale, che susciterà comunque sgomento e rabbia. Un'America lontana? Direi di no, purtroppo, vista l'attualità degli ultimi anni. Una lezione di Cinema, una lezione di Storia, da tramandare, per essere un giorno, chissà, delle persone civili.
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