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L'affido

Regia di Xavier Legrand vedi scheda film

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La recensione su L'affido

di barabbovich
9 stelle

Nella lunga sequenza iniziale, Antoine (Denis Ménochet, attore corpulento già al servizio di Frears, Tarantino, Ozon e Ridley Scott) e Miriam (Drucker) devono negoziare davanti al giudice (Russier), assistiti dalle rispettive avvocatesse, l'affido dei figli. La più grande (Auneveux) è prossima ai 18 anni, mentre il minore (Giora), 11enne, è il reale oggetto della contesa. La loro madre produce un documento che riporta le rimostranze del piccolo nei confronti del padre, col quale non vorrebbe passare neppure un paio di weekend al mese. Il genitore si dichiara disorientato e lascia intendere che le parole del figlio sono frutto del plagio materno. Fatto sta che il giudice gli dà corda e il ragazzino è costretto ad adeguarsi. Quello che accade dopo sarebbe un spoiler da evitare nonostante qualcosa sia intuibile già nel sottotitolo del film.
Esordio con i fuochi d'artificio del 39enne transalpino Xavier Legrand, che già aveva conquistato un Cèsar (gli Oscar francesi) con un cortometraggio e che è stato premiato a Venezia  con il Leone d'argento, premio per la migliore regia, e con il leone del futuro premio (opera prima "Luigi De Laurentiis"). Al tema, densissimo e attualissimo, delle famiglie sempre più "liquide" con tutti gli annessi e i connessi della gestione dei figli, si somma quello della violenza in famiglia. Una violenza che, nella sua dimensione fisica, nel film è lasciata sempre fuori campo (con l'eccezione dell'ultima, agghiacciante scena), mentre in quella psicologica passa attraverso subdoli meccanismi sopraffattori e manipolatori. Alla pregnanza dei contenuti Legrand somma una forma impeccabile, personalissima, che alterna lunghe sequenze a macchina ferma in campo medio ad altre davvero magistrali (su tutte, quella girata attraverso la feritoia di un bagno pubblico e quella, di tensione quasi hitchcockiana, durante una festa in cui noi spettatori capiamo che sta succedendo qualcosa, ma non sappiamo cosa, giacché la musica assordante copre volutamente le parole). Un film potentissimo, perturbante, nel quale l'unico, minuscolo neo, è quello di avviare una sottotrama che riguarda la figlia maggiore, poco funzionale al resto del racconto e solamente abbozzata.

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