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The end? L'inferno fuori

Regia di Daniele Misischia vedi scheda film

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La recensione su The end? L'inferno fuori

di maghella
7 stelle

 

Claudio Verona è un manager rampante, di quelli che capisci subito che stanno antipatici. Di quelli che appena salgono sulla macchina (con l'autista) hanno l'atteggiamento di chi “oggi devo fare un sacco di soldi e metterla in quel posto a qualcuno”. Claudio Verona è indubbiamente il protagonista di questa storia ed è immediatamente odioso. Odioso per come si approccia con il suo autista, con una stagista, con la segretaria al telefono, con la moglie (sempre al telefono). Verona entra nell'edificio dove ha un appuntamento per la chiusura di un contratto, prende l'ascensore, non si trattiene dal fare approcci molto spinti verso una ex amante, che per fortuna riesce a metterlo al proprio posto e ad uscire prima che l'ascensore si blocchi tra il sesto e il settimo piano. Incidenti che succedono, incidenti che innervosiscono non poco il manager rampante che è atteso al decimo piano per l'incontro decisivo per la chiusura del suo prezioso contratto. Urli, minacce e isterismi al citofono dell'ascensore verso i tecnici della manutenzione non velocizzano la riparazione del guasto. Claudio Verona rimane bloccato nell'ascensore mentre fuori sta avvenendo la catastrofe.

Una strana epidemia si sta diffondendo in maniera esponenziale nella capitale italiana, gli uomini e le donne che ne vengono infettati diventano degli zombi affamati di carne umana. L'epidemia si diffonde anche nel palazzo dove si trova Claudio Verona, che vede i suoi colleghi trasformarsi in mostri impazziti che cercano in tutti i modi di entrare nell'ascensore dove Claudio è rimasto imprigionato. Quella che inizialmente sembrava una trappola claustrofobica si trasforma in un rifugio prezioso. Claudio riesce a vedere tramite un piccolo varco tra le porte tutto l'orrore che si sta verificando nel mondo: l'inferno è fuori. Il cellulare è l'unico contatto con una realtà che diventa ben presto senza segnali di vita. Claudio, anche senza essere diventato uno zombi, ha subito una importante mutazione: non è più il manager rampante, quello dalle soluzioni estreme, quello pronto a qualsiasi mossa sleale pur di ottenere ciò che vuole; ha paura, si sente senza speranza, solo, depresso, vede i suoi colleghi morire sotto i suoi occhi e poi trasformati in creature senza anima. Claudio si sente forse per la prima volta incapace di affrontare ciò che gli sta capitando e cercherà aiuto e conforto in un poliziotto solitario che è riuscito ad intrufolarsi nel palazzo e che diventerà l'unica speranza per la salvezza di Claudio. Daniele Misischia scrive e dirige un film horror utilizzando gli zombi in maniera originale. Gli zombi non sono quelli lenti e inesorabili dispersi nel centro commerciale di George Romero, sono piuttosto quelli di una società moderna: veloci, incazzati e all'interno di una sede di una multinazionale. Claudio è il vero mostro all'inizio del film, un mostro dal quale è anche difficile difendersi, che diventa inoffensivo solo quando viene imprigionato in una gabbia di acciaio che rimane bloccata tra un piano e l'altro. Claudio assiste impotente, da questa posizione “privilegiata”, a quello che sta accadendo senza poter reagire. Un horror che torna ad essere di grande impatto politico e sociale, che si pone delle domande e cerca delle risposte utilizzando gli zombi come linguaggio universale di comunicazione.

I Manetti Bros sono i produttori e mecenati di un genere che altrimenti in Italia è costretto ad essere recluso nei circuiti stretti quanto l'ascensore in cui il protagonista del film è racchiuso. Come in tutte le produzioni dei fratelli Manetti, non mancano battute sarcastiche e situazioni grottesche, che alleggeriscono alcuni passaggi che altrimenti rischierebbero di diventare ridicoli. Il confine tra divertente e ridicolo, tra credibile e improbabile è lievissimo, ma il regista riesce a mantenere il timone sulla rotta giusta nonostante alcune lungaggini narrative o ripetizioni che forse potevano essere evitati. Tutto perdonabile a vantaggio di un risultato più che godibile, e che porta alla fine verso una riflessione sul messaggio politico del film.

Una nota di merito va assolutamente al protagonista, Alessandro Roja. Presente per tutti i 100 minuti della durata del film, è in grado di mantenere il personaggio in costante tensione. Stronzo nei primi 15 minuti quanto basta per farcelo “odiare”, nei restanti 85 riesce a trasformarsi non in zombi ma in essere umano. Per tutto il tempo della sua prigionia forzata, Roja-Verona diventa un uomo, lontanissimo da ciò che la vita e il lavoro lo aveva trasformato negli anni. Solo una volta uscito, e nuovamente indossato i suoi panni da manager gli ritornerà sul viso l'espressione da infame. Se il film raggiunge un risultato più che positivo è anche per l'ottima interpretazione di Alessandro Roja. L'inferno è fuori, il film ce lo ricorda nel titolo all'inizio e con il finale delle ultime sequenze.

 

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