Regia di Abbas Kiarostami vedi scheda film
Non privo di un'incessante sequela di immoti piani sequenza dal particolare fascino esotico, il film narra il contrastato corteggiamento del giovane Hossein nei confronti della capricciosa Tahereh, del tutto refrattaria a qualsiasi tipo di avance. Intriso di un curioso romanticismo di stile moderatamente retro, infarcito di sequenze ripetitive oltre ogni limite e dotato di un andamento insolitamente dimesso, “Sotto gli ulivi” sembra apparentemente destinato alla visione di un pubblico poco avvezzo alle sottigliezze ed alle scorciatoie creative di un certo tipo di cinema occidentale. La tragicomica vicenda dall’apprendista attore respinto a causa del mancato possesso di un tetto per albergare la sua capricciosa ed indisponente amata appare per lo più venata di un pizzico di neorealismo all’italiana irrorato da una spruzzatina di melodramma “Carolina Invernizio style”. Portata sullo schermo con la spontaneità e la freschezza tipica di un cinema dichiaratamente antispettacolare e dotata di un certo livello di purezza incontaminata, la storia é realizzata con tale forza e vigore da indurci a riflettere seriamente sulla realtà di un tipo di un cinema lontanissimo dagli stereotipi americani dal ritmo martellante e da quelli europei stracolmi di irrisolte problematiche esistenziali. E non si può fare a meno di rimanere estasiati dalla visione dello stupendo e dilatato piano sequenza finale in cui la “bella scontrosa” (che a differenza della prodiga Marianne rivettiana non si degna di concedere allo sguardo del pretendente neppure un centimetro del suo corpo) viene rincorsa in mezzo ai campi finché le immagini dei due protagonisti non diventano altro che due puntini che per qualche attimo danno l’illusione di riunirsi, per poi invece ulteriormente separarsi, facendo piombare lo spettatore, sicuramente portato a tifare per il giovane Hossein, nel tipico scoramento successivo alla sconfitta della propria squadra del cuore.
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