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Pallottole in libertà

Regia di Pierre Salvadori vedi scheda film

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La recensione su Pallottole in libertà

di laulilla
7 stelle

La mia valutazione in stelline si riferisce al film che ho visto nella versione italiana; mi riservo di modificarla, se necessario, se e quando vedrò la versione originale.

 

Questo è un film bizzarro e anche un po’ bislacco: attraversa, con grande disinvoltura, non solo i generi, ma anche i registri narrativi, senza perdere di interesse, forse perché nasce come intelligente e raffinato divertimento del regista, il franco-tunisino Pierre Salvadori, non nuovo a queste mescolanze, ma pochissimo noto da noi (a me, personalmente, era ignoto).
Pierre Salvadori ha alle spalle ottimi studi letterari e cinematografici a Parigi, nonchè un certo numero di film, molto apprezzati nel mondo, ma pessimamente distribuiti da noi, e, ça va sans dire, peggio titolati dai nostri impagabili e fantasiosi addetti.*
Il titolo originale di quest’ultima sua opera, tanto per fare un esempio, era En liberté e alludeva  al contenuto del film e, più sottilmente, alla difficoltà di vivere davvero in libertà, essendo le scelte sempre pesantemente vincolate a situazioni pre-esistenti, difficili da ignorare. Le pallottole del titolo italiano non hanno nulla a che vedere col film.

 

La storia ha un avvio tra il melenso e il favoloso e un seguito imprevedibile: una giovane madre, Yvonne Santi (Adèle Haenel) si adopera, come ogni sera, per addormentare il figlioletto insonne, raccontandogli, per l’ennesima volta, l’impresa eroica durante la quale aveva perso la vita il suo papà, Jean Santi, il comandante della polizia locale (siamo in Costa Azzurra). Di lì a poco, con una solenne cerimonia, sarebbe stato inaugurato un monumento dedicato a lui, assai brutto, fra applausi, retorica d’ordinanza e commozione orgogliosa del piccino, vezzeggiato e al centro dell’interesse generale insieme alla sua mamma, poliziotta anche lei.
La festa, però, non sarebbe durata a lungo: Yvonne, casualmente, scopre che quel marito non solo non era mai stato quel martire del dovere che tutti andavano dipingendo, ma che era un uomo corrotto; che aveva organizzato una finta rapina per intascare, con i suoi complici, i soldi dell’assicurazione, e che successsivamente non si era fatto scrupoli nel costruire a tavolino le prove contro un povero cristo innocente, il quale, grazie a quel mascalzone, stava in galera da otto anni.

Si aprono a questo punto gli imprevedibili sviluppi del film: Yvonne, affronta con cautela l’argomento col figlio, modificando sera per sera la narrazione delle gesta paterne, ma contemporaneamente si adopera per far uscire l’innocente Antoine ( Pio Marmaï) dal carcere, seguendone successivamente il difficile percorso di re-inserimento familiare e sociale, con un’insistenza melodrammatica così petulante, da ingenerare molte equivoche situazioni e più di un fraintendimento.

Intorno ai due personaggi principali, si muovono, con ruoli importanti, Louis (Damien Bonnard), agente, già amico del “martire” e timido e impacciato innamorato di Yvonne; Agnès (Audrey Tautou, ovvero la indimenticabile Amélie, riconoscibilissima e sempre magnifica; anche qui svagata e sognatrice).

 

 

 

In parallelo con gli sviluppi più ovvi (la fatina-crocerossina, talmente invadente da diventare un vero e proprio stalker), il film percorre anche altre strade e fa coesistere la malinconia di Antoine, per i suoi otto anni perduti, con la sua  rabbia grottesca e spiazzante; oppure l’imbarazzo amoroso di Louis con la sua trascuratezza professionale. Nascono perciò numerose gag che, mentre sottolineano l’assurdità delle situazioni, rendono sfuggente la vera natura dei personaggi, quasi celati dietro una maschera che continuamente ne altera la personalità.

Questo modo di procedere è accompagnato dall’estrema ricercatezza della sceneggiatura, di cui, nella versione originale (beato chi l’ha vista!) si possono cogliere raffinatezze e pregi letterari (così almeno secondo un bell’articolo di Joachim Lepastier sui Cahiers du cinema pubblicato nell’ottobre 2018 alla pag. 34, seguito dall’intervista a Pierre Salvadori).
Richiedere che la versione originale sia resa disponibile agli appassionati, almeno sul DVD, mi sembra, allora, doveroso.

 

*si trovano sul mercato italiano almeno due film:

Piccole crepe, grossi guai-2014 (era: Dans la cour)
Ti va di pagare?-2006 (era: Hors de Prix)

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