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Tre manifesti a Ebbing, Missouri

Regia di Martin McDonagh vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Tre manifesti a Ebbing, Missouri

di omero sala
8 stelle

locandina

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017): locandina

 

 

A Ebbing, Missouri, un piccolo centro rurale sperduto nella pancia dell’America, viene stuprata e uccisa una minorenne di nome Angela.

A sette mesi dall’orrido delitto non sono ancora stati individuati i colpevoli.

Mildred Hayes (Frances McDormand), la ruvida madre di Angela, decide di affrontare l’inefficienza della polizia affittando tre cartelloni pubblicitari sulla strada che porta in paese per affiggere tre manifesti che accusano lo sceriffo di inettitudine.

Il film racconta le reazioni a questa provocazione.

 

Ebbing (mi riferisco al paese) appare la rappresentazione dell’America profonda, narcisista e sbruffona come il suo attuale presidente; un'America fanatica e volgare, xenofoba e misogina, razzista e retorica; dove si confonde la voglia di giustizia con la sete di vendetta.  Tutto a Ebbing è molto americano: il linguaggio grossolano della gente e l’abbigliamento country, la tipologia delle case e le botteghe, il posto di polizia e le automobili, le strade e l’assetto urbanistico, tipico dei nuclei di transito delle carovane dei pionieri dirette nel west.

Anche Mildred, la protagonista, è molto americana nella sua johnwayniana presunzione di ottenere giustizia e nella sua indisponente ostinazione nel pretendere che lo sceriffo faccia lo sceriffo.

 

 

Frances McDormand

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017): Frances McDormand

 

 

Ma la protesta sotto forma di domande di Mildred-Elettra smuove qualcosa, come un sasso nello stagno.

A partire dallo sceriffo che per primo manda segnali di riconsiderazione, e lo fa con parole pacate e ragionate, scritte, diverse da quelle volgari e arrabbiate di Mildred e di tutti i cafoni della contea. 

Fra drammi surreali e commedia grottesca, affiorano i disagi e le fragilità emotive di tutti (proprio tutti) i soggetti coinvolti che alla fine si svelano diversi, meno manichei di quanto vogliano apparire, quasi dissociati, portatori di un’intimità più dolente, ombrosa e insicura, e sicuramente non incardinabili nelle categorie – anche quelle molto americane – dei buoni e dei cattivi.

(In questo, il film appare meno coeniano di quanto sembri, e più europeo: qui non si racconta l’irrazionalità del fato ma l’oscurità vertiginosa della sofferenza e la sua capacità di destagnazione. Non per nulla, forse, il nome del paese è Ebbing, che significa riflusso, affievolimento).

 

Le idiosincrasie si stemperano nella solidarietà; i rancori in empatia; le sofferenze in speranze.

Non si tratta di metamorfosi, di conversioni: i diversi personaggi, mi pare, messi di fronte a un “incidente critico”, si rivelano per quel che sono, si tolgono la maschera, smettendo semplicemente di sostenere la parte imposta loro dal clima emotivo e dal contesto culturale nel quale sono cresciuti. 

Lo sceriffo accusato d‘inerzia diventa l’occulto finanziatore della stramba provocazione di Mildred; l’agente Dixon, balordo e imbranato (e razzista grossolano al punto da essere emarginato), subisce una strana metamorfosi etica che lo porta a sentirsi emotivamente vicino alla sua furiosa denigratrice e a iniziare una sua indagine. 

 

Il personaggio più scavato è ovviamente quello spigoloso di Mildred, la protagonista rabbiosa e dolente, infuriata col mondo (soprattutto coi maschi del mondo), che non sa perdonare la ferocia bruta di uno stupratore di bambine e l’inettitudine della polizia, ma – soprattutto – non sa perdonare se stessa, oppressa dal senso di colpa che la tormenta (per il matrimonio fallito e per il difficile rapporto con la fragile figlia adolescente). Anche lei, osservando le imprevedibili reazioni degli inetti che la circondano, riemerge: e visto che le indagini non conducono a nulla, decide di mettersi per strada per andare a punire uno stupratore qualsiasi, come Il giustiziere della notte.

E parte proprio con l’ottuso Dixon, l’ex-nemico inconciliabile, perché le loro antitetiche rigidezze sono svanite e si ritrovano somiglianti nel disorientamento.

I due si guardano avendo negli occhi tracce della antica diffidenza, ma le parole che si dicono allontanandosi da Ebbing – “decideremo strada facendo” – sono la chiave di lettura del film, come della loro umanissima esistenza. E della nostra.    

 

 

Sam Rockwell, Frances McDormand

Tre manifesti a Ebbing, Missouri (2017): Sam Rockwell, Frances McDormand

 

 

 

 

 

 

 

 

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