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Regia di Andres Muschietti vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su It

di ilcausticocinefilo
3 stelle

 

Si dice che adattare le opere di Stephen King per il grande (e piccolo) schermo sia impresa ardua, e la grande mole di film e serie TV per nulla riuscite in circolazione sembrano quasi fare a gara nel loro pervicace tentativo di confermare la validità di questa tesi.

Chiaramente, non si tratta di difficoltà di adattamento causata da una particolare complessità dei testi alla base, ma più che altro di difficoltà intesa come difficoltà di Hollywood di saper cavar fuori e rendere in forma cinematograficamente degna tutti quei molteplici aspetti delle narrazioni kinghiane al di là dell'horror che ne costituiscono si può dire il vero nucleo, il vero cuore pulsante (nel caso specifico, ovviamente: le paure, le incertezze e le frustrazioni di un'età di mezzo e di passaggio estremamente delicata; il potente, potentissimo, legame d'amicizia che è possibile instaurare da giovanissimi [ma, d'altra parte, chi mai ha avuto altri amici come quelli che aveva a 12 anni?]; il lento e inesorabile fluire della vita che conduce a percorrere strade diverse, a separarsi, andarsene, persino dimenticarsi l'un l'altro; l'idea del marcio e del malessere che si cela dietro la tiepida e placida facciata della media provincia americana, e così via).

 

 

Bill Skarsgård

It (2017): Bill Skarsgård

 

 

Di tutto questo e molto altro ancora, tolte alcune, significative eccezioni (Carrie, Shining, Stand by Me, Le ali della libertà, Dolores Claiborne e L'allievo [si noterà, comunque, come solo i primi due si possano a ragione definire film dell'orrore...]), insomma di tutti questi temi insiti nei romanzi del Re dell'Orrore, puntualmente e regolarmente la Hollywood dei grandi budget e delle grandi major (che sembra essere stata ultimamente riassalita da una forse mai doma febbre kinghiana incontrollabile) se ne frega e dalle sue opere non fa altro che ripescare solo gli aspetti più superficiali.

 

Va da sé che non si tratta (affatto) di una mera questione di granitica fedeltà alla pagina scritta, quanto piutto­sto di una questione di essere in grado di proporre, nell’eventualità in cui si decida di deviare anche profondamente dal materiale d’origine, qualcosa in alternativa. Qualcosa, possibilmente, di sensato e ben costruito, qualcosa di qualitativamente equipa­rabile, capace di suscitare le stesse emozioni della parola scritta. Cosa che, si sarà ormai capito, questo It come una miriade di altri adattamenti non si dimostra assolutamente in grado di fare.

 

 

Wyatt Oleff, Jack Dylan Glazer, Finn Wolfhard, Jaeden Lieberher

It (2017): Wyatt Oleff, Jack Dylan Glazer, Finn Wolfhard, Jaeden Lieberher

 

 

Non è in grado di ricreare l’atmosfera, quell’impalpabile sensazione di ansia e inquietudi­ne, di dubbio, incertezza, angoscia che permeava quasi come una cappa di smog le strade, i vicoli, le case, i canali dell’ormai quasi mi­tica città di Derry, Maine, nelle pagine del romanzo, e, di conseguenza, ripara sua una serie di facili e banali spaventi meccanici che spesso non sortisco­no neppure l’effetto sperato, ovvero si fanno via via sempre più involontariamente ridicoli e insopporta­bili.

Perché, questo It di Muschietti, al suggerire preferisce il mostrare platealmente, scadendo per forza di cose nella banalità e nella convenzione. Alle sfumature, alle sfaccettature e alle molte interpreta­zioni rintracciabili nel romanzo preferisce le jump scares e la computer-graphic.

 

Il film si configura così come un’estenuante maratona di oltre due ore in cui praticamente ogni scena si apre e si chiude alla stessa maniera, con un rumore, un suono, un movimento che attira l’attenzione di questo o quel personaggio e poi con una fugace apparizione di It che, si suppone, dovrebbe suscitare inquietudine mentre invece molto spesso finisce solo per sor­tire l’effetto opposto (e poi, al di là della generale bassa qualità dell’adattamento televisivo del 1990, quell’ormai iconico Pennywise il Clown di Tim Curry risultava, sinceramente, molto più in­quietante e disturbante di questa nuova incarnazione, col volto di Bill Skarsgård).

 

 

scena

It (2017): scena

 

 

Così facendo, co­munque, si riduce la complessità del romanzo e le conseguenti potenzialità del film ad una succes­sione di scenette che invece che far paura finiscono per farsi, via via, sempre più involontariamente esilaranti (vedi il clamoroso caso dell’uscita dallo schermo che manco in The Ring).

Ma quel che è ancor più grave è che queste numerose scene finiscono per annoiare perché portano lo spettatore a chiedersi quale sia il senso di assistere per oltre due ore alla continua e stanca riproposizione dei più disparati e scalcinati cliché dell’horror (clown malefici, mummie, mostri della laguna nera, cose inanimate che prendono vita, c’è veramente di tutto), oltreché, nel caso il qual spettatore abbia an­che letto il romanzo d’origine, a chiedersi per quale oscuro motivo gli sceneggiatori non abbiano se­guito lo stesso meccanismo dell’opera scritta, ovvero di fare in modo di riunire prima i protagonisti per poi, gradualmente (ed è questa la parola chiave) rivelare degli incontri che ognuno di loro ha avuto con la propria più recondita paura, incarnata da It, e, di conseguenza, rendere il tutto molto più sensato (si può concedere, comunque, che probabilmente per fare tutto ciò si sarebbe rivelata più adeguata una serie televisiva).

 

scena

It (2017): scena

 

 

Nel modo in cui si è scelto di realizzare il film, invece, tutto accade troppo in fretta, si pone lo spettatore di fronte ad un mosaico raffazzonato di scene spesso senza alcun collegamento tra loro (salvo che per il fatto che i ragazzi vedono qualcosa), i sette diventano poi amici nello spa­zio di un secondo e non v’è alcuna occasione di reale approfondimento di nessuno di loro (tanti bei personaggi, come Richie, Ben, Stan, Eddie sono semplicemente sprecati).

 

E c’è anche da dire che il film non eccelle per nulla neanche sull’altro versante della narrazione, quello del racconto di formazione e della pro­fonda amicizia che lega il gruppo dei “Perdenti” (nel caso di incertezze o dubbi, bastava anche solo andare a ri­guardarsi Stand By Me per rendersi conto di come andava realizzato).

Altra decisione incomprensibile rimane, in ogni caso e tra parentesi, quella di abolire la scansione temporale del romanzo in favore di una piatta linearità (decisione che verrà, guarda caso, rivista dagli stessi sceneggiatori nel sequel...).

 

 

Bill Skarsgård

It (2017): Bill Skarsgård

 

 

La sceneggiatura e la regia, insomma, semplificano eccessivamente la storia, dando vita ad un adattamento che più convenzio­nale non si può. La fotografia è buona e anche gli effetti speciali lo sono (ma non poi così tanto, date le ristrettezze di budget), ma in questo It c’è veramente poco altro degno di nota (forse le inter­pretazioni degli attori bambini, tra i quali spicca Sophia Lillis), e il finale si configura probabilmen­te come uno dei più sfrontatamente ridicoli degli ultimi anni,

SPOILER: con la curiosa visualizzazione d'una montagna di cianfrusaglie at­torno alla quale ruotano una miriade di corpi fluttuanti [visione che non si capisce da dove derivi] e la disfatta in quattro e quattr’otto del clown a colpi di bastonate e sprangate [semplicemente, geniale] FINE SPOILER,

e si preoccupa pure di ricordarci, negli ultimi istanti, che trattasi solo del “primo capitolo”. Come se ci fossero stati dubbi, al riguardo.

 

Inutile proseguire oltre: It è un film mediocre, realizzato con l’unico intento di abbracciare la più larga fetta di pubblico possibile, e sembra quasi autodefinirsi con la frase tracciata col sangue su una delle tre porte: “Not Scary At All” (“Per nulla spaventoso”).

 

 

Jaeden Lieberher, Finn Wolfhard, Jack Dylan Glazer

It (2017): Jaeden Lieberher, Finn Wolfhard, Jack Dylan Glazer

 

 

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