Regia di Ubaldo Ragona, Sidney Salkow vedi scheda film
Come nel peggiore degli incubi, Morgan rimane solo sulla terra decimata da un'epidemia con la non gradita compagnia di un esercito di vampiri-zombie. Immune per ventura al contagio, lo scienziato ha elaborato una routine allucinata e allucinante nella quale egli esiste in funzione della caccia al mostro (fantastica la prima sequenza che racconta la giornata tipo del solitario ammazzavampiri, fra paletti home made da piantare nel cuore, smaltimento cadaveri,"shopping" di specchi ed aglio e assalto notturno alla casa-bunker). Percorso da una vena messianica (esemplicativo il finale in chiesa, con Morgan che si rammarica perchè avrebbe potuto salvare tutti, mentre rantola sull'altare trafitto come san Sebastiano) e in generale aperto a qualsiasi ipotesi di lettura (la diversità del normale in un mondo rovesciato; la metafora della sopravvivenza; il rigurgito fantastico dei terrori della Guerra fredda), "L'ultimo uomo della terra" è soprattutto una grande lezione di cinema immaginifico. Il (very) low budget - come lo si chiamerebbe oggi - si traduce in economia narrativa: il film, essenziale e primitivo, rispecchia l'illogica, liberatoria fantasia dei giochi infantili, dove bastano un mestolo e un coperchio per fare l'arsenale di un cavaliere.La regia è perfettamente funzionale all'anarchia fumettistica del dettato: priva di fronzoli eppure attenta al dettaglio, mai impacciata, fluida, scarnificata all'osso. Tanto che a turbare di più, alla fine, non sono i paletti conficcati nel cuore degli zombie, quanto la tremenda domanda: che fine ha fatto la forza vitalistica di questo cinema italiano?
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