Espandi menu
cerca
La casa dalle finestre che ridono

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

Recensioni

L'autore

degoffro

degoffro

Iscritto dal 10 gennaio 2003 Vai al suo profilo
  • Seguaci 99
  • Post 165
  • Recensioni 929
  • Playlist 23
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su La casa dalle finestre che ridono

di degoffro
8 stelle

Horror di culto a partire dallo splendido titolo: e la casa con immense bocche rosse sorridenti su ogni finestra, è un'immagine che rimane fortemente impressa nella memoria. Pupi Avati, partendo da un soggetto molto originale e suggestivo, suo e di suo fratello Antonio, con la collaborazione in fase di sceneggiatura anche di Maurizio Costanzo e Gianni Cavina, costruisce una storia ricca di suspense, misteriosa, inquietante ed estremamente terrificante e spaventosa, ambientata nella bassa padana. Qui arriva il giovane Stefano (Lino Capolicchio, molto bravo) incaricato di restaurare un dipinto raffigurante San Sebastiano, realizzato dal pittore Buono Legnani, morto anni prima suicida e da sempre interessato a raffigurare anime in agonia o morenti. Fin da subito Stefano viene coinvolto in fatti piuttosto misteriosi: il suo amico viene ucciso, scaraventato fuori da una finestra, riceve telefonate minatorie, che lo invitano a lasciare perdere il lavoro, va ad abitare in una casa antica e sperduta dove vive un'anziana signora, costretta a stare tutto il giorno a letto, perché paralitica, ma nonostante questo sente di continuo strani passi e rumori inspiegabili. Il tassista del paese, Coppola (uno straordinario Gianni Cavina) lo mette in guardia, facendogli capire che sta correndo grossi rischi. Ma nel frattempo Stefano vedrà morire la maestra di cui si era innamorato, lo stesso tassista ed il sagrestano prima di venire a scoprire la tremenda e davvero sorprendente verità. Se la prima parte del film, disseminata di piccoli segnali e di misteriosi ed all'apparenza incomprensibili indizi (le scarpe del prete sporche di gesso ad esempio), è tutta dedicata all'acuta ed efficace descrizione di una piccola comunità omertosa, subdola, falsa e molto chiusa, la seconda parte è un crescendo di tensione insostenibile, realizzata con estrema intelligenza ricorrendo ai classici canoni del cinema di paura (porte che si chiudono, strane telefonate, finestre da cui qualcuno di nascosto osserva, passi furtivi nella notte). Avati crea inizialmente un'atmosfera sottilmente inquietante e disturbante riuscendo a far identificare lo spettatore nel povero protagonista, progressivamente coinvolto in una vicenda che ha dell'incredibile: ed il volto angosciato e perso nel vuoto di Stefano, nel finale, è il nostro. Quando poi le indagini incominciano ad acquistare un filo logico ed il puzzle piano piano si forma, la paura cresce inarrestabile ed esplode in un doppio finale davvero scioccante, anche se non del tutto imprevedibile, con una soluzione che, in un certo senso, è simile a quello di "Profondo rosso": anche nel capolavoro di Argento, in un quadro si nascondeva la soluzione del mistero. Un film che inchioda, spaventa, conquista per il modo genuino e intelligente con cui crea sequenze di autentico terrore e panico, (le risate finali sono terrificanti), senza ricorrere ad inutili spargimenti di sangue o a gratuite e banali concessioni alla violenza, ma, soprattutto, nella sua apparente assurdità, ha una logica ferrea ed incontestabile. I brividi sono assicurati e sono davvero tanti ed inaspettati: dà ancora tantissimi punti al 90% degli horror moderni. Per chi ama solo l'Avati sensibile, intimo e malinconico degli ultimi anni un'autentica e graditissima rivelazione.
Voto: 7 e mezzo.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati