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Chato

Regia di Michael Winner vedi scheda film

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La recensione su Chato

di munnyedwards
8 stelle

L’inizio è fulminante, uno sceriffo entra in un saloon e al bancone trova un solo cliente, un meticcio indiano che gli volta le spalle, lo sceriffo lo insulta e gli proibisce di bere, poi non contento lo invita ad uscire minacciandolo apertamente, quando il mezzosangue rifiuta l’uomo di legge mette mano alla pistola, ma il suo avversario è più veloce e lo uccide.

Il meticcio fugge dal paese e subito un gruppo di “brava gente” decide di inseguirlo, del resto non si può pensare di ammazzare uno sceriffo e di farla franca, a maggior ragione se l’assassino è un bastardo indiano.

A guidare il gruppo troviamo l’ex capitano sudista Quincey Whitmore (Jack Palance) ma durante il viaggio si uniranno altri volenterosi cacciatori di uomini, tra questi spiccano i tre fratelli Hooker, uomini rozzi e razzisti che non chiedono altro che impiccare un indiano.

Il mezzo apache che inseguono si chiama Chato (Charles Bronson), il quale subito accortosi di essere braccato fugge verso le sue terre, per alcuni giorni tramite abili stratagemmi prova a dissuadere gli inseguitori, i quali accecati dall’odio non mollano e alla fine trovano il rifugio di Chato, lui non è in casa e quindi alcuni degli uomini si sfogano sulla moglie, che violentano senza pietà.

Da questo momento in poi le strategie di Chato cambiano, se prima cercava di scoraggiare gli invasori bianchi adesso vuole veder scorrere il loro sangue, il sangue di uomini travestiti da bestie che non si fermano davanti a nulla.

 

Charles Bronson

Chato (1972): Charles Bronson

 

Siamo nei primi anni ’70 e il genere ha già subito una profonda trasformazione, il mito del west ha lasciato il posto ad una rappresentazione più crepuscolare, cruda e violenta, il britannico Michael Winner appena trapiantato ad Hollywood firma il suo secondo western dopo l’ottimo Io sono la legge (con Burt Lancaster) e inizia una fortunata collaborazione con Bronson, tra i due nascerà uno stretto legame artistico che toccherà il suo apice con la famosa serie de Il giustizione della notte (1974) firmata da Winner nei primi tre capitoli.

Chato è un western solidissimo, che muovendosi sui classici binari della caccia all’uomo propone un duello impari tra l’uomo bianco e civilizzato (in realtà un branco di cani rabbiosi e violenti) e il selvaggio indiano, il tutto sviscerato nel desolante, arido e inospitale scenario di una terra quasi aliena, che nel film ricopre il ruolo di un vero e proprio protagonista.

Non a caso il titolo originale del film Chato’s Land (La terra di Chato) rende ancora meglio l’idea di una storia che molto punta su questo aspetto, sulla assoluta inadeguatezza dell’uomo bianco davanti ad un territorio che sembra non poter offrire niente altro che sassi, polvere e terra arsa dal sole, ma è in questo inferno di desolazione che Chato vive e combatte.

L’ottimo plot firmato Gerald Wilson garantisce fin dal principio un’accurata presentazione dei personaggi, tra questi spicca la figura del Cap. Whitmore interpretato con sorprendente equilibrio (e un pizzico di malinconia) da un Jack Palance assolutamente in parte, Whitmore trascina questi uomini in una spedizione molto rischiosa ma nella sua mente rivive i ricordi di una guerra ormai conclusa e persa, la caccia all’indiano per lui è soltanto un’illusione, la possibilità di tornare ad un passato che crede glorioso e importante (con vanto Whitmore porta la sua giacca sudista e la spada da capitano).

Lo stesso non si può dire per i fratelli Hooker, uomini della peggiore specie pronti a tutto pur di raggiungere il loro scopo, li domina un odio talmente grande da offuscargli la mente, tanto da impedirgli di vedere una realtà incontestabile, e cioè che da cacciatori sono improvvisamente diventati prede, animali braccati da un solo uomo, un uomo che si muove con la sicurezza di un leone nella savana.

 

Jack Palance

Chato (1972): Jack Palance

 

Charles Bronson

Chato (1972): Charles Bronson

 

La regia di Winner è essenziale nella sua efficacia, il regista sfrutta come meglio non si potrebbe le bellissime location naturali (il film è stato girato principalmente in Spagna -Almèria) e non perde mai di vista il fulcro del racconto, giocato sul ribaltamento dei ruoli (gatto/topo) e su una messa in scena molto realistica, Winner propone uno sviluppo dinamico che inchioda alla visione e non mostra mai cedimenti, dall’incipit folgorante allo splendido finale ci viene raccontata una storia forse non originale ma assai sfaccettata nella narrazione e nello studio dei personaggi.

E’ in questo scenario da western crepuscolare che si erge la figura imponente di un gigantesco Charles Bronson, superata la soglia dei 50 anni l’attore mostra un fisico atletico che impressiona e che ne fa il simulacro perfetto di una divinità Apache, splendido e spietato con i suoi occhi di un azzurro spento che sanno di morte, osserva dall’alto delle montagne l’affannarsi dei piccoli uomini bianchi, inadeguati e sconfitti ancora prima di partire, Bronson in tutto il film pronuncia 5/6 battute ma gli sono sufficenti per delineare una grande figura di indiano combattente.
Mentre Chato porta a termine la sua vendetta alcuni componenti della posse si danno battaglia tra di loro, come un branco di cani in cerca di un nuovo leader gli uomini stremati da un nemico invisibile sono perduti e in perenne conflitto, ma lo storia per loro è già segnata e il film si chiude con una splendida sequenza.

Winner ci mostra la panoramica di uomo ormai allo stremo, senza acqua e senza cavallo tenta di tornare al suo mondo, il mondo civilizzato che ha lasciato per braccare un indiano innocente, non chiede altro arrancando disperatamente tra sassi e sterpaglia ma il suo cammino è destinato a fermarsi, davanti a lui si erge la figura di Chato, imponente e fiero, il mezzosangue lo guarda con i suoi occhi vuoti e lo ricaccia indietro, lo rimanda in quell’inferno naturale che gli apache chiamano casa.

Voto: 8

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