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Il cielo può attendere

Regia di Ernst Lubitsch vedi scheda film

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La recensione su Il cielo può attendere

di teaestefano
8 stelle

Non è una commedia l'ultimo film di Lubitsch, ma una riflessione seria sulla vita, il suo scorrere, e il proprio comportamento morale. In qualche modo, si vede, il maestro sentiva che la sua ora era vicina e che era momento di bilanci. Il tema centrale di tutta la vicenda, a ben guardare, è quello delle scappatelle, prima da scapolo impenitente e poi da uomo sposato. Da più di qualcosa si può presumere che l'argomento, sia come avvenimenti in sé che come problema morale, avesse più di qualcosa di autobiografico. La soluzione del problema sembra essere questa: beh, cosa volete, è più forte di me; sono però capace di amare mia moglie, anche se non so dominarmi quando vedo un'appetente donzelletta, e in fondo non c'è nulla di male. Sua moglie però, (una sempre brava e bella Gene Tierney) non sembra essere della stessa opinione, ed ogni altra l'avrebbbe pensata allo stesso modo. Sembra di sentire quella canzone di Julio Iglesias "Se mi lasci non vale". Il finale che il regista voleva, birbone e beffardo, era che il protagonista seguisse una bella donna che passava vicino all'ascensore prima di andare in Paradiso, il che rendeva molto più in tema il titolo dell'opera (mentre così si riferisce solo alla dilazione del Paradiso per il discorso col diavolo). Il bersaglio di Lubitsch sembra essere il tipo perfettino, amorfo, sessualmente freddo, e perbenista (vedasi il cugino). Benché la morale di Lubitsch non sia la mia, il film regge bene nel suo complesso impianto di successione temporale e di personaggi. Nell'insieme rivela l'indole un po' anarchica del suo regista, anche se non si capisce bene se è aumentata rispetto ai suoi film passati o se è solo uscita allo scoperto. Charles Coburn è al solito bravo e simpatico, anche se il suo vero terreno è la commedia. Bisogna anche aggiungere che il protagonista è molto ben truccato e alla fine sembra veramente un vecchio. Quanto alla perfezione del trucco, ricorda Roger Livesey di Duello a Berlino.

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