Regia di Brian Gibson vedi scheda film
Annie Laird (Demi Moore) è una scultrice perennemente in bolletta. Madre single, accetta di far parte della giuria popolare chiamata a decidere su un caso di duplice omicidio contro il mafioso Louie Boffano: un'occasione per respirare un po' e mettere insieme l'affitto del mese. Ma l'occasione si trasforma in incubo quando nella sua vita, e in quella del figlio (Joseph Gordon-Levitt), piomba un killer psicopatico (Alec Baldwin) al soldo del padrino. All'inizio si limita a chiederle di votare "non colpevole". Poi - da vero "Maestro" quale ama farsi chiamare - comincia ad alzare l'asticella, tra minacce, manipolazioni e deliri di onnipotenza.
Tratto dal romanzo di George Dawes Green, Il giurato è affidato al regista Brian Gibson (quello di Tina), che si cimenta in un thriller psicologico dove la verosimiglianza è un optional e il senso del ritmo si smarrisce tra i corridoi del tribunale. La sceneggiatura di Ted Tally (sì, proprio l'autore de Il silenzio degli innocenti, altra ciofeca) sembra rincorrere compulsivamente colpi di scena sempre più implausibili, fino a sfiorare il grottesco, come quando i boss mafiosi vengono descritti con l'ingenuità di comparse di un episodio di Don Matteo. Nel mezzo, la Moore si difende come può (cioè male), alternando espressioni di terrore e dignitosa determinazione. Baldwin, con il suo sguardo glaciale e la voce da predicatore disturbato, funziona fin troppo bene nel ruolo dello psicopatico seducente. Ma non basta: anche se si tenta di suggerire una latente pulsione autodistruttiva nella protagonista, il film naufraga sotto il peso delle sue stesse ambizioni. Alla fine, ci si chiede non solo chi salverà Annie, ma anche se Hollywood riuscirà a salvare Demi Moore da un altro scivolone di carriera.
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