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Bluff. Storia di truffe e di imbroglioni

Regia di Sergio Corbucci vedi scheda film

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La recensione su Bluff. Storia di truffe e di imbroglioni

di Baliverna
5 stelle

È un filmetto esile che galleggia a filo come una chiatta, minacciando in vari momenti di affondare, imbarcando un po' d'acqua. Ma non affonda. “La Stangata” di G. R. Hill è altra roba.

Come in altri esemplari di cinema anni '70, devo constatare una disparità di livello tra la tecnica cinematografica, il ritmo, la messa in scena da un lato, e la sceneggiatura, i dialoghi, le gag dall'altro. O il lato drammatico, nel caso di altri film.

Sergio Corbucci e Sergio Martino, ad esempio, hanno dato più volte prova di questa frattura interna nei loro film. Entrambi mi sembrano registi che padroneggiavano la tecnica, ma si ritrovavano tra le mani del materiale lacunoso, superficiale, mal scritto. Ho sentito parlare di questo fenomeno (da Massimo Mazzucco), di quando cioè si cominciò a dire che non servirebbe una buona scrittura, dei personaggi approfonditi, ma basterebbero gli attori di richiamo e una vicenda veloce e intrigasse lo spettatore. E negli anni '80, si disse che neppure la tecnica buona sarebbe così importante.....

In questo film scritto da Dino Maiuri e Massimo de Rita (chi erano costoro?), ci troviamo di fronte a gag di cui funzionano circa una su tre. Funzionicchiano. Un paio sono proprio indovinate, ma sono troppo poche. Si pensi alla camminata “molleggiata” di Celentano in un contesto surreale (idea di chi? sua?) o a certe battute spiritose (Con la scusa di guardarti le gambe, ho osservato in realtà come stavi ballando....).

Il molleggiato e Anthony Quinn si accompagnano come una scarpa a uno zoccolo, e l'ambientazione gratuita in Francia suscita la domanda “perché là?”. Poi le situazioni raffazzonate, sbrigative, inverosimili, eccessive e tirate per i capelli sono troppe anche per un film “comico” e spensierato.

Cosa ci rimane, dunque? Il buon ritmo di Sergio Corbucci, compresi i suoi zoom e i suoi carrelli, le belle musiche di Lelio Luttazzi, la faccia mai banale di Quinn e la simpatia di Celentano, che lo fa assomigliare ad uno studente furbo che rosicchia il sei facendo le moine al professore. E la sua risata finale, per contagio, fa ridere anche noi.

Tuttavia, rispetto ai film che avrebbe girato con Castellano e Pipolo, qui c'è forse anche di più.

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