Regia di Allan Moyle vedi scheda film
Pump up the volume è un filmetto (stranamente passato in sordina) assai intelligente, inaspettatamente pretenzioso e comprensibilmente acerbo, visti I giovani protagonisti, tra I quail Mark Hunter (C.Slater), adolescente dalla doppia personalità: secchione e asociale di giorno, vulcano - di istinti e di pulsioni - in eruzione, di notte. Un ragazzo come tanti, insomma; uno come (siamo stati) tutti noi. Dalla sua improvvisata postazione radiofonica, infatti, rivolto a tutti, senza distinzioni (e, incredibilmente, da tutti ascoltato: depressi e frustrati, omosessuali, aspiranti teppisti o semplici giovani un po’ ribelli, insofferenti al mondo dei grandi e alle loro ipocrite regole), si limita a farsi portavoce della sua incompresa generazione e delle contraddizioni esistenziali di ogni giovane (combattuto tra il desiderio di levarsi la maschera conformista e perbenista che la società vorrebbe imporgli e la paura per la reazione sociale in caso di disobbedienza). Dunque, un megafono del disagio giovanile, un urlo nero che squarcia la notte e la cui fruttifera eco non tarda (almeno nel film) a farsi sentire.
Si comprende, quindi, perchè il regista non abbia voluto inquadrare la faccia del padre di Mark (tutto goduto per aver appena messo alle strette la preside della scuola) nel momento dell’arresto di suo figlio. Siamo ben lontani dalla solita sciocca commedia studentesca americana.
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