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Gli intrighi del potere. Nixon

Regia di Oliver Stone vedi scheda film

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La recensione su Gli intrighi del potere. Nixon

di LorCio
8 stelle

Più che dei film, Oliver Stone costruisce dei saggi in forma narrativa su supporto filmico. Non è un difetto, tutt’altro: lo stile di Stone, piaccia o no, è riconoscibile, immediato, diretto. Più che una cinebiografia ortodossa, Nixon è un film-studio o un’inchiesta romanzata, non un film sul presidente più odiato nella storia degli Stati Uniti ma nel il presidente più odiato nella storia degli Stati Uniti. Costruito su continui flashback, rimandi al passato rimosso e scomodo (bianco e nero) e al presente angosciante (Watergate), intrecciato con l’ascesa politica di dubbia moralità e finanche di dubbio gusto e gli pseudodeliri dell’autodistruttivo e decadente protagonista. Lo interpreta – nel vero senso della parola – in barba alla somiglianza, ma con notevole approfondimento psicologico, un Anthony Hopkins da urlo, capace di evitare l’imitazione da teatrino dei pupi, infondendo nel suo nevrotico personaggio tutti i dubbi dell’Amleto e del Riccardo III, assurgendolo così ad una dimensione classica al di là della personificazione spicciola.

 

Il film appartiene anche lui, praticamente sempre in scena ed impegnato in qualunque tipo di genere cinematografico (e teatrale): Stone, infatti, lo inserisce in drammi da camera, in thriller politici, in spy story di seconda lega, in tragedie umane, in grottesco involontario. Dopotutto al centro della scena c’è un clamoroso personaggio shakespeariano ossessionato da due cose fondamentali: il potere e l’approvazione. L’uno l’ottiene faticosamente, per poi perderlo gradualmente per rincorrere ferocemente l’altra, e viceversa. A comprenderlo è soprattutto Pat, l’orgogliosa moglie (una splendida Joan Allen), in una tesa sequenza che resta impressa. Troppa carne al fuoco per poterla servire tutta, moltissime figure e figurine (da citare almeno il Kissinger di Paul Sorvino in preghiera e il Jack Jones di Larry J.R. Hagman) ma forse la sua efficacia sta nella caleidoscopica, caotica, isterica rappresentazione dell’universalità del personaggio e del contesto rappresentato, risultando certamente impietoso ma perfino oggettivo: e che a conferire umanità ad un uomo talmente odiato sia il reduce Stone è quasi una sorpresa.

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