Regia di Bernardo Bertolucci vedi scheda film
Sempre meno riuscito e sempre più ambiguo, ma non della ambiguità essenziale all'arte: morbosità e ipocrisia sembrano assai più del regista che dei personaggi. Un Cirano banalizzato e a lieto fine casuale e abbastanza ipocrita: la bella lettera è anonima, cosa inammissibile nel bel mondo di Cirano; ma forse Bertolucci non ci ha neppur fatto caso, lei l'ha attribuita a un altro, invano amato. Lui sembra essere e credersi omosessuale; lei sembra essere "rimasta ancora" vergine prima e un po' per questo amore, poi per la morte della madre, infine, qui, per caso, o per far finire bene la storiella di Cirano. E' la storia di uno sverginamento programmato, poi fallito, infine casualmente riuscito bene, per il piacere guardone del regista e dei suoi amici spettatori. In Toscana, fra gli ulivi, anziché con il burro come a Parigi. Correzioni a Mereghetti: la ragazza ha 19 anni e non 18, e le colline sono senesi e non del Chianti; non ha importanza, ma per pubblicare una storia in poche parole, quelle poche dovrebbero essere utili (mentre non lo sono) e verificate. Non c'è confronto generazionale, tanto meno con inesistenti "coetanei" del regista; c'è un morente, in cui forse il regista si rappresenta, che "comprende" la ragazza, ambiguamente, questa volta forse volutamente e in modo autocritico (o è chieder troppo al regista?). Tutt'altro che "fresco e vitale": falso, vecchio, guasto.
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