Regia di Tim Robbins vedi scheda film
Ispirato all'omonimo romanzo autobiografico di Suor Helen Prejean, oggi si direbbe un classico film votato all'impegno civile della denuncia. Ma all'epoca credo avesse fatto parlare alquanto di sé, e giustamente, in virtù del meritato successo sia di giudizio sia di pubblico. Ancora a ogni (re)visione, nonostante sia trascorso un intero ventennio, preserva immutate la sua qualità e la sua energia.
Ho trovato la migliore descrizione dei motivi per cui esso sia da considerarsi un'opera immortale, da custodire nella propria cineteca, nella recensione di Roger Ebert. Il compianto critico d'oltreoceano, infatti, lo definisce un dramma spirituale, un esercizio di filosofia:
«This is the kind of movie that spoils us for other films, because it reveals so starkly how most movies fall into conventional routine, and lull us with the reassurance that they will not look too hard, or probe too deeply, or make us think beyond the boundaries of what is comfortable. For years, critics have asked for more films that deal with the spiritual side of life. I doubt if "Dead Man Walking" was what they were thinking of, but this is exactly how such a movie looks, and feels».
Sposo inoltre le sue parole di encomio nei confronti dei due pilastri portanti, rappresentati dalle figure centrali a confronto. Da un lato Suor Helen Prejean, interpretata da Susan Sarandon, che incarna in sé molto più elemento religioso di quello presente in tanti titoli che ostentano, sfacciatamente, il voler essere cristiani, a loro dire. Qui invece si riconoscono davvero, per esempio, le tre virtù teologali: la Fede, la Speranza e la Carità. Dall'altro lato il detenuto Matthew Poncelet, impersonato da Sean Penn, emblema e simbolo di una condizione condivisa da una moltitudine di suoi simili (e dalle loro vittime), frutto di un'esistenza priva di umanità e di pietà verso il prossimo.
Le psicologie e i travagli interiori diventano trasparenti per lo spettatore, che può quindi leggerli nel viso (in particolare negli occhi) dell'eccezionale coppia di attori fuoriclasse e nella ricchezza di contenuti dei dialoghi, improntati da una sceneggiatura pregnante di significato. Irrinunciabile.
Suor Helen Prejean lavora con dedizione in un quartiere malfamato di una città della Louisiana. Un giorno ella riceve la lettera di Matthew Poncelet, detenuto in un carcere di massima sicurezza e condannato a morte per lo stupro e il duplice omicidio di una coppia di giovani. Matthew ha le ore contate, non può permettersi un avvocato, ma sta cercando disperatamente qualcuno che lo possa aiutare nella difficile impresa di ottenere la grazia o quantomeno di rinviare l'esecuzione. Con l'approvazione dei suoi superiori, Suor Helen si appresta all'insolita missione di assistente spirituale.
Per me è il suo capolavoro, che ha molto da insegnare persino ai più grandi del mestiere.
L'intensità degli sguardi, i pensieri e i sentimenti resi manifesti sul volto di Suor Helen Prejean valgono da soli i riconoscimenti conseguiti dall'attrice. Una prova immensa nella sua carriera.
Si osservi attentamente l'abilità con cui il suo Matthew Poncelet regge alla perfezione le numerose inquadrature in primo piano. Un talento straordinario, qui in una delle sue massime espressioni.
Queste composizioni di David Robbins volutamente rasentano un tormento per l'anima, in sintonia con gli intenti del film. Resta impressa anche la canzone del titolo, di Bruce Springsteen.
Assolutamente niente.
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