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Apocalypse Now

Regia di Francis Ford Coppola vedi scheda film

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La recensione su Apocalypse Now

di lamettrie
9 stelle

Un film eccellente, merita la fama enorme che ha.

E' persino troppo ambizioso, però: pesante in tante parti, compiaciuto nella sua lentezza. Certo, ha motivi per compiacersi: la fotografia è da 10/10, dell'italiano Storaro; la colonna sonora le sta appresso; la sceneggiatura è eccellente, come spesso accade quando è tratta anche da un romanzo di rilievo (come quello di Conrad in questo caso); la recitazione è perfetta, la regia pure.

Marlon Brando fa la parte che più gli si addice, del guru senza difetti. Quel che dice in effetti è memorabile, ed è il vero cuore del film: l'orrore della guerra, soprattutto quando questa è coperta da bugie senza fine di una classe dirigente che nasconde la sua avidità di denaro tramite "il fetore della menzogna". Insomma, non si devono sapere i veri motivi di una guerra di aggressione, una delle tantissime classiche imperialiste che sono accadute, con cui si uccidono innocenti per motivi di denaro e di potere.

In Vietnam ciò era coperto dalla necessità di sconfiggere il comunismo. Il quale sarà stato pure una schifezza per il potere che a sua volta ha creato (anche se non vanno dimenticati gli aspetti positivi di lotta per i diritti che ne hanno giustificato il consenso, in particolare in Asia contro gli aggressori occidentali), ma che a sua volta non giustificava certo il massacro indiscriminato al fine di aggiungere un'altra fetta di mercato al monopolio del capitalismo.

Restano impresse le realistiche e inoppugnabili denunce contro la guerra da parte di chi la fa ed è pure favorito dai soldi e la tencologia: la guerra di conquista è psicologicamente, realmente, oscena persino anche da parte di chi la vince, che non riesce a vivere più felice dopo aver commesso tali crimini. 

E restano impresse anche le scene dell'idiota Kilgore (un grande Robert Duvall), con la sua non chalance nel vessare innocenti tramite delitti che spera che gli guadagnino soldi e carriera, come era avvenuto sin a quel momento.

Almeno Brando non ce l'aveva più fatta a fare soldi e carriera compiendo crimini contro innocenti, e pur nella pazzia (indotta però dalla sua libera scelta iniziale della carriera ben pagata, mica da altro: si badi bene alla libera scelta in questo caso!) aveva poi compiuto la scelta più adeguata per sentirsi meno infelice, tra tutte quelle possibili. Infatti ormai aveva fatto la prima scelta, ormai decisiva, quella che più gli era costata l'infelicità, ovvero quella del soldato di professione che vuole fare carriera al soldo dei suoi mandanti che da quella guerra traevano lo strumento migliore per i loro immensi proventi economici. E aveva fatto tale scelta, la seconda ma definitiva, in contrasto a quei criminali della classe dirigente che aveva voluto la guerra; seconda e definitiva scelta che era quella che gli dava meno infelicità e quindi più felicità, nonostante fosse assurda agli occhi dei più, nonostante sapesse ormai che era la meno redditizia e la meno capace di dare apparente tranquillità economica.

Credo che in quest'ultima analisi stia il grande valore del film.

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