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L'arte di arrangiarsi

Regia di Luigi Zampa vedi scheda film

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La recensione su L'arte di arrangiarsi

di obyone
7 stelle

 

Alberto Sordi

L'arte di arrangiarsi (1954): Alberto Sordi

 

Vitaliano Brancati fu letterato ed intellettuale. Tuttavia la sua attività non sarebbe oggi riconosciuta come autorevole, e per questo sottoposta ad analisi e studio, se un evento importante non avesse funto da spartiacque nella sua carriera. Quell'evento, ossia il trasferimento da Catania a Roma sul finire degli anni 20, cambiò, lentamente ma radicalmente, le sue concezioni politiche rendendolo l'autore che oggi conosciamo. Tesserato al partito fascista dal 1922 Brancati maturò proprio nella capitale il rifiuto dell'ideologia, rifiuto che venne evidente a partire dal 1936 quando l'autore siciliano iniziò a lavorare per Leo Longanesi alla rivista "Omnibus". Fu in quel breve periodo (ritornerà più volte a Catania per fare ritorno a Roma in un intenso andirivieni) in cui Brancati conobbe gli artisti che influenzarono la sua visione del fascismo già ampiamente compromessa dalla miope accoglienza riservata al suo "Singolare avventura di viaggio" pubblicato nel '34, nella rivista di partito "Quadrivio" per cui egli stesso scriveva, e ritirato dalle librerie con l'accusa di immoralità, nonché disprezzato dai critici del suo stesso giornale allineato al regime.

L'esperienza di rinascita intellettuale che passò tramite una cocente delusione artistica e le frequentazioni romane di Longanesi e Moravia portarono Brancati a rinnegare se stesso e disconoscere i suoi stessi lavori quando nel 1941 pubblicò il suo primo romanzo, o meglio il primo lavoro della propria era "post ideologica".

Il lavoro di Brancati è stato, dunque, condizionato, nel bene o nel male, dalle pulsioni giovanili e dal loro successivo superamento. Questa influenza si avverte anche nel lavoro di sceneggiatore che lo scrittore siciliano intraprese a partire dal 1942. 

"L'arte di arrangiarsi" diretto da Luigi Zampa, e scritto da Brancati che ne firmò la sceneggiatura, è un'ironica ricostruzione del pensiero comune a cominciare dagli anni che precedettero la Grande Guerra fino a quelli immediatamente successivi alla conclusione del secondo conflitto mondiale. Il filo conduttore è Sasà Scimoni, nipote del sindaco di Catania, imbelle approfittatore che scala i vertici della società catanese fino ad arrivare a Roma senza avere qualità intrinseche, se non faccia tosta, parlantina e una straordinaria capacità di adattarsi alle condizioni esistenti.

Dalla penna di Brancati nacque un personaggio, magistralmente interpretato da Sordi, in cui c'era qualcosa di suo, parecchio dei suoi conterranei e moltissimo di quanti passarono incolumi le tempeste storiche dell'epoca (il socialismo, le guerre, il colonialismo, il fascismo, la resistenza) adeguandosi ai cambiamenti, assecondandoli, traendone benefici, sventolando ora una bandiera ora l'altra con cinico arrivismo e pavido servilismo.

Negli episodi narrati c'è l'autoironia di un intellettuale che abbracciò il fascismo salvo abbandonarne l'ideologia in tempi ancora non sospetti, quando cioè il regime era all'apice della propaganda e in pochi avrebbero osato remare controcorrente. Lo stesso Brancati rischiò il confino dopo aver voltato le spalle a Mussolini. Sono, invece, sempre sospetti i tempi di Sasà Scimoni, abile nel trovare i tempi giusti per salire sul carro dei vincitori e lasciare la nave diretta verso gli scogli.

Sasà è un voltagabbana: prima conservatore e monarchico, poi socialista pacifista. Interventista ma pusillanime ricorre a tutti i trucchetti per non finire sull'Isonzo mentre rincorre tutte le donne di Catania con un adeguato guardaroba e sufficiente lignaggio da garantirgli una vita di comodi. Sposa una ragazza tanto ricca quanto ingenua, diventa fascista per poi imparare il ritornello di "Bandiera rossa" quando le cose girano nel verso sbagliato. A fine guerra abbraccia il partito in voga nato dalle ceneri dei popolari di Don Sturzo ed infine si riscopre imbonitore indipendente di folle, trentacinque anni prima della conclusione della prima repubblica quando dai cocci degli storici partiti che firmarono la costituzione nacquero i mille partiti di oggi ritagliati sull'effige del loro leader. Infine, nonostante la fedina penale sporca Stimoli imbrocca la giusta strada verso un impero economico che inizia con un accento tedesco discutibile e con tanta faccia tosta. L'intrico tra politica e novella imprenditoria, su cui Zampa e Brancati si soffermano nel finale, è un apoteosi di cinismo e di lucida profezia di un paese destinato a rimanere sempre uguale a se stesso. Con questo film, terzo di una ideale trilogia Zampa/Brancati, terminò la collaborazione tre i due artisti. Brancati morì pochi giorni prima dell'uscita in sala del film. Sasà Scimoni gli sopravvisse rigenerandosi continuamente negli uomini politici di oggi che si riciclano, disinvolti, passando da uno scranno all'altro, ben attenti a rimanere a galla con la testa e di muovere il pantano sotto il pelo dell'acqua al fine di nascondere nella putredine tutti quei vizi che la fine del fascismo non riuscì certo a mitigare, ripresentantisi, anzi, più forti che mai nell'Italia del dopoguerra. 

 

"Cominciai a tenere che quel delinquente fosse un uomo onesto" (Sasà Scimoni alias Alberto Sordi)

 

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Alberto Sordi

L'arte di arrangiarsi (1954): Alberto Sordi

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