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Luna di fiele

Regia di Roman Polanski vedi scheda film

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La recensione su Luna di fiele

di Lehava
6 stelle

"…. Nella centralità dell'orgasmo all'interno della sessualità gli autori vedono l'apoteosi del funzionalismo e una valutazione eccessiva dell'aspetto utilitaristico di tutti i meccanismi del corpo. Bruckner e Finkielkraut si oppongono con decisione al sogno della rivoluzione sessuale consistente nella creazione di un equilibrio tra desiderio e potere, tra l'imprevedibilità della pulsione e gli obblighi sociali del lavoro. Essi contrastano il tentativo di individuare lo scopo del desiderio nella sua momentanea soddisfazione, opponendosi così alla concezione che sta alla base della centralità dell'orgasmo. Il desiderio non è una malattia dalla quale si debba essere guariti. In linea di principio esso non deve essere per sua costituzione soddisfatto e rappresenta una componente quasi immutabile dell'uomo. Se ci si aspetta una guarigione dal sesso, una redenzione nel senso religioso del termine, si pretende troppo. Tutti i sentimenti vengono riuniti nel sesso e in rapporto ad esso valutati. Ne deriva un “realismo orgasmico” un' ipersessualizzazione del mondo, che induce alla rinuncia dell'innovazione e dell'improvvisazione. … L'attuale ordine amoroso non manca di potenza orgasmica, bensì di complessitò e di differenziazione del sentimento amoroso. Non c'è cultura dell'amore, ma solo una cultura del sesso. L'idea dell'eliminazione dei tabu e della felicità ad essa connessa, sviluppatasi nel contesto dell'emancipazione sessuale, sembra non realizzarsi. Ciò perché l'eliminazione di qualunque tabu comporta la nascita di nuovi tabu. In corrispondenza di ogni limite è presente il desiderio di superarlo. Il problema consiste nella riduzione della sessualità alla genitalità, nell'arginare l'erotismo desideroso di superare ogni barrier e nel contenere il desiderio che in esso abita, il quale conosce la sua inappagabilità e per questo toglie forza all'amore: il tutto deve avvenire senza ridurre l'amore stesso a pura sessualità. Ma la riduzione dell'amore al solo sesso gode di grande approvazione, poiché essa contribuisce a evitare le insicurezze dell'amore e il penoso struggimento del desiderio. Con il sesso si conosce ciò che si ha e ci si accontenta...... Il nuovo ordine amoroso deve essere un disordine, nel quale si cerchi di sfuggire alle norme dell'amore e del sesso fino a oggi vigenti …. La genitalizzazione deve cedere il posto all'attenzione per il corpo intero e per la sua eccitabilità. Vengono sperimentate nuove forme di amore e di godimento, nelle quali devono “essere conservati il desiderio di estraneità reciproca e l'irriducibile non sapere dell'altro”... Deve esserci un' “accostamento di tutti gli accordi di sentimento, quale riconoscimento dell'intera gamma emotiva e come ricerca di una compatibilità di tutte le forme di manifestazione sessuale”. “Il nuovo disordine si fa garante di una tolleranza verso tutte le forme di incompatibilità, nel senso dell'affermazione nietzschiana “dove nulla è vero tutto è concesso”. (“Le idee dell'antropologia” a cura di C. Wulf e A. Borsari)

 

Cosa è l'amore? Domanda ambiziosa. A cui, assai meno ambiziosamente, si potrebbe rispondere che una risposta “corretta” non ci sia. Un prudente “so di non sapere” socratico? No, forse, l'unica vera verità. Che non esiste verità, almeno qui, almeno per noi poveri essere umani immersi nella percezione sensibile e nell'empiria di un mondo scorrevole, incomprensibile e contradditorio. Però, ecco, la menzogna, quella sì, esiste! Se non possiamo definire ciò che è, possiamo invece definire ciò che non è. "L'amore è evidentemente due solitudini che si accoppiano per creare un malinteso" (P. Bruckner, "Lunes de fiel"): una coppia noiosa ed annoiata incrocia, su una nave da crociera, due enigmatici coniugi. Sarà l'inizio, e la fine, di una discesa agli inferi. Nell'inferno della impossibilità dell'amore. O di un amore.

 

“Luna di fiele” è stato un dei lungometraggio di minor successo (sia di pubblico che di critica) di Roman Polanski. Non c'è da stupirsene: ad una prima visione, se ne ricava un senso di grande tristezza. Non certo per la perversione - sentimento magari socialmente poco apprezzato ma largamente diffuso e persino con intelligenza governabile, e non si per sé stesso nocivo. Quanto piuttosto per la cattiveria: la crudezza con la quale si stigmatizza l'impossibilità di un sentimento gratuito e positivo fra esseri umani. Con quattro protagonisti tutti circolarmente chiusi all'interno di un perimetro claustrofobico di egoismo: strozzati vuoi dall'eccesso (sessuale, fisico, verbale) vuoi dal perbenismo castratorio. Non che il tema del pessimismo sia nuovo al cineasta francese. Tutte le sue opere ne sono pervase e “Luna di fiele” non si sottrae. Ma un determinismo così ossessivo è deprimente. Anche perché non esiste una “evoluzione” dei rapporti: e questo, credo sia dovuto non tanto ad un problema di scrittura ma anche e soprattutto ad una scelta registica ed interpretativa. Dove si concede ampio spazio alla gamma espressiva sui toni acidi e deformati (di P. Coyote primariamente. Sottosfruttata, evanescente K. Scott Thomas), ma pochissimo al rapimento emotivo iniziale (E. Seigner è meravigliosa. Ma è un corpo. Una presenza scenica antropomorfa. Che però perde tutto il suo spessore nella recitazione vera e propria, soprattutto verbale) Bene il trapasso dall'eccitazione irrefrenabile all'odio istintivo ed animalesco, male la descrizione dello scoppio dell'attrazione antecedente (o concomitante) alla carnalità dirompente. “…Non sapevo più se stavo stringendo una donna o un dio, perdevo la prova di me stesso, dimenticavo i miei limiti, stremato di adorazione …E quando ero inondato da quel bagno bruciante, ci strusciavamo l’uno contro l’altra, le nostri pelli umide scivolavano come squame di pesci che si accarezzano in fondo al mare, sprofondava o nell’oceano della sua femminilità. Poi la mia dea si piantava su me e aspettava il godimento come un cielo carico aspetta il fulmine che sta per squarciarlo, ed erano convulsioni senza fine, una serie di tuoni che lei reclamava gridando e supplicandomi di muovermi. Quanto a me, l'eccitazione mi faceva cadere in deliquio e, al parossismo del piacere, bramavo di venir folgorato dall’estasi.” (P. Bruckner “Luna di fiele”).

E' questa dunque una “storia d'amore”? Assolutamente no. Ma è probabilmente un “film sull'amore”. O meglio, su quello che avrebbe potuto essere amore e non lo è stato. Per Oscar e Mimi. O, su quello che non è mai stato amore ma potrà esserlo, per Nigel e Fiona (non che Polanski ci lasci speranze a riguardo! Ma la vita, è pur sempre una speranza in più.). Al passato o al futuro, sostantivo indeclinabile everbo inconiugabile al presente.

 

Polanski è uno dei pochi registi che dà sempre l'impressione di non fare film “a caso” ma solo quando abbia veramente qualcosa da dire. Questo emerge prepotente ad una seconda (o terza o quarta...) visione di “Luna di fiele”. Perché ha lavorato a questo progetto? Perché questo e non altri? Perché nel 1991-1992 e perché così? No. Di sicuro non voleva “dimostrare”. Ma solo mostrare. Raccontare una storia. Quale storia dunque? Quella scritta da P. Bruckner? Se la risposta a quest'ultima domanda fosse sì, beh, l'esito cinematografico non sarebbe proprio centrato. Difficile penetrare nei sottotesti delle immagini senza conoscere l'autore ed alcune delle sue opere. Come la contestazione della “rivoluzione sessuale” (intervista a P. Bruckner da "Cerchiamo il sentimento sublime ma pretendiamo di essere liberi" di Fabio Gambaro da “La Repubblica delle idee” 30 agosto 2012: “La rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e Settanta è stata una vera rivoluzione? No. Abbiamo infranto tabù e divieti, ma non c'è stata una vera rivoluzione, perché ciò avrebbe significato dominare completamente la sessualità, mettendola al nostro servizio. Ma non è stato così. Oggi ci rendiamo conto che le cose sono molto più complicate di quanto pensassimo. La sessualità ci sfugge e ci travolge sempre. La rivoluzione sessuale è stata una grande illusione, come pure l'idea che l'esercizio del desiderio avrebbe ucciso l'amore. Negli anni Sessanta non si diceva "ti amo", ma "ti voglio". Pensavamo che l'amore fosse una sovrastruttura superficiale. Eravamo convinti che l'unica forza motrice fosse il desiderio, e l'amore solo un abbellimento. Ancora un'illusione". La liberazione sessuale non ha liberato l'amore? No, in compenso ha annientato il desiderio. Il sesso contemporaneo banalizzato e autorizzato in tutte le sue forme ha prodotto una sorta di morte del desiderio che certo non fa bene all'amore. In passato, la passione era considerata pericolosa e quindi occorreva tenerla a distanza. Oggi il desiderio è talmente sollecitato che finisce per spegnersi. E' la bancarotta dell'eros. Insomma, siamo passati dalla repressione alla depressione".) e con essa il cinismo dei sentimenti. Dentro il quale si nasconde però, raspando qua e là, una veridicità dei sentimenti stessi fatta attraverso la carne, ma della quale la carne è solo uno strumento, il solo strumento. E non l'esito. “Oggi, i nostri amori muoiono di sazietà prima di aver sperimentato la fame. Questo è il motivo per cui gli amanti sono così tristi: sanno di non avere nessun altro nemico che sé stessi, sanno di essere sia la fonte che il prosciugamento della loro unione. Chi ha la colpa, ahimè, se non "noi due" e quale più grande amarezza che uccidere chi si adora semplicemente stando insieme?” (P.Bruckner “Luna di fiele”). L'ombra di “polo positivo” che aleggia sul composto Nigel (Hugh Grant si conferma attore “con un senso” solo in lingua inglese, perchè solo la lingua inglese trasmette quanto ci sta dietro una semplice pronuncia o una inflessione della voce. Intraducibile. Inguardabile in italiano) e sulla coraggiosa Fiona dovrebbe dissolversi miseramente dentro la certezza che “L'amore è una sorpresa permanente. E' la parte dell'esistenza che ci sfugge sempre, la parte d'irrazionale cui occorre abbandonarsi. La passione ci fa perdere il controllo. E ciò è un bene. Se infatti fossimo sempre padroni di ogni istante dell'esistenza, la nostra vita sarebbe annientata dalla monotonia" ((intervista a P. Bruckner da "Cerchiamo il sentimento sublime ma pretendiamo di essere liberi" di Fabio Gambaro da “La Repubblica delle idee” 30 agosto 2012) ma non lo fa! Resta lì, sospesa nell'augurio di un nuovo inizio. Come a dire che se il pessimismo complessivo deprime, esso non è comunque sufficiente a sostenere la tesi. Che non si vuole dimostrare di certo, ma solo enunciare.

Opera acerba, “Luna di fiele”. O forse costellata da difficoltà ed incertezze: troppo poco erotica (a tratti perfino trattenuta, visto il soggetto. Il sospetto è che si volessero evitare problemi con la censura) troppo poco grottesca eppure con alcune cadute di stile, e di ritmo, imperdonabili (la parte centrale dell'imbruttimento di Mimi). Troppo intellettuale (ahi ahi ahi ... il potere immaginifico della parola che tutto elude! E tutto sottende. Anche la veridicità o la verosomiglianza del racconto! Soprattutto se a farlo è uno scrittore. Soprattutto se a portarlo avanti è un regista, un mago della finzione) o solo superficialmente intellettuale in quanto, appunto, fumosa nei meccanismi e nei non-sviluppi. Fotografia appena sufficiente, musica non all'altezza. Polanski non si smentisce: circolarità e ritorno, acqua, claustrofobia, delirio e allucinazione, incontro/scontro fra binomi, ma non basta neppure a sé stesso. Ci vorrà ancora qualche anno perchè riprenda il discorso qui interrotto su desiderio e potere. E lo farà, chiudendolo ma noi speriamo tutti di no, dal punto di vista della seduzione. Con lo strepitoso "Venere in pelliccia".

Qui come lì una indimenticabile Emanuelle Seigner: l'unico amore evidente è quello fra lei e l'obiettivo. E chi lo impugna.

 

 

Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric

Venere in pelliccia (2013): Emmanuelle Seigner, Mathieu Amalric

 

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