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Caravaggio

Regia di Derek Jarman vedi scheda film

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La recensione su Caravaggio

di Bebert
7 stelle

Negli scarni titoli di coda scorgo un refuso: la Missa Lux et Origo è scritta "Missa Lux et Orgio". Non messa fonte di luce ma messa luce e orgia. Ma, forse non è un errore, il film è tutto finto, volutamente. Il budget basso, aguzza l'ingegno e il regista Derek Jarman - nel 1986 - ci propone una storia sommaria della vita dell'impareggiabile pittore Michelangelo Merisi concentrandosi solo su alcuni aspetti, per altro molto difficili e scomodi: amore, omosessualità, violenza e morte.

Io ho pensato a Pier Paolo Pasolini, ai "ragazzi di vita" dei primi film, "Mamma Roma" e "Accattone" ma anche a "Teorema", in cui compare all'inizio il critico letterario Cesare Garboli (nelle vesti dell'intervistatore) che per primo, nel 1970 accostò Pasolini e Caravaggio e scrisse:

 

«Si direbbe che il Pasolini lavorasse, allora, non allo specchio del Caravaggio ma allo specchio del Caravaggio "romano". Quello, per intenderci, che finge per Maddalena la povera ciociarella tradita, gli sciolti capelli che si asciugano al sole nella stanzetta smobiliata, o quello dei bacchi rifatti su torpidi e assonnati garzoni d'osteria, o quello, infine, della Vergine morta e gonfia a gambe scoperte, come una popolana del rione, a dirla gentilmente, o una mignotta agli ultimi rantoli nella stanzaccia spartita dal tendone».

 

Pasolini viene assassinato nel '75 e Jarman sa di questa morte violenta come conosce bene la biografia del pittore che frequentava nobili e Clero e poi bettole tra rissosi borgatari, litigi e coltellate. Caravaggio, sempre in fuga e condannato alla decapitazione per l'omicidio di un tale Ranuccio Terani, finisce a morire a Porto Ercole mentre attende d'essere amnistiato. Qui, da una fine che pare prestabilita, prende avvio il film e Caravaggio, sul letto di morte, rammenta la propria esistenza sciagurata tra ragazzi e ragazze che vorrebbero disconoscere l'appartenenza ad una classe sociale bassa: la plebe che col solo contatto con l'aristocrazia perde lucidità e s'illude di colmare la distanza. Non c'è possibilità e solo nei quadri di un genio i "brutti, sporchi e cattivi" trovano la via per innalzarsi. Scrive Roberto Longhi nel 1952: 

 

[...] Che altro potesse conseguire a questa risoluzione di procedere dipingendo per specchiatura diretta della realtà, non è troppo difficile intendere. Ne conseguiva la tabula rasa del costume pittorico del tempo che, preparandosi gli argomenti in carta e matita per via di erudizione storica e di astrazione stilizzante, aveva elaborato una complessa classificazione del rappresentabile, dove, per meglio servire alla società di allora, non poteva che preferirsi l'aspetto della classe dominante. Ma il Caravaggio pensa invece alla vita comune, ai sentimenti semplici, all'aspetto feriale delle cose che valgono, nello specchio, come gli uomini. [...]

 

Se volessi ora muovere un rimprovero al regista, potrei scrivere dell'assoluta assenza della tecnica del Caravaggio che quando dipinge pare lo faccia come un Courbet o Manet. Ma chi avrà avuto pazienza nel leggermi e guardare il film s'accorgerà che invece la "macchina scenica" c'è ed è la cinepresa che, come lo specchio riprende tutto: dalle lampade elettriche al cappello di carta fatto coi fogli del quotidiano "L'Unità"...

 

Per concludere torno a Pasolini, che scrisse un breve saggio sul nostro pittore:

[...] eppure… eppure dentro lo specchio tutto pare come sospeso come a un eccesso di verità, a un eccesso di evidenza, che lo fa sembrare morto. [...]

Una disapprovazione, sembra e forse lo è. Forse un dubbio... Perché Pasolini è contro la ragione illuministica che regge la borghesia capitalista e costringe al silenzio le classi oppresse. Ma "Dio è lo scandalo" - questo il teorema - e rivela l'ideologia falsa o insussistente. Caravaggio "scompare" per oltre due secoli: quale il motivo? La sua "luce" sui popolani è scandalosa, rivela forse l'idea fallita che nella Roma del '600 anche Dio possa essere un oggetto posseduto.

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