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L'uomo delle stelle

Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film

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La recensione su L'uomo delle stelle

di scandoniano
9 stelle

Tornatore infiltra il cialtrone romano Castellitto nei meandri della Sicilia degli anni ’50, tagliata fuori dal boom economico. Sogni e aspirazioni della Trinacria si scontrano con l’arrivismo del “continente”, per un disequilibrio che presto si riallinea. Spinotti alle luci e Morricone alle musiche, ma soprattutto ottimi camei.

 

Il talent scout Joe Morelli (Sergio Castellitto) sbarca in Sicilia in cerca di volti da portare a Roma, o addirittura a Hollywood. Al prezzo di 1500 lire, nella Trinacria degli anni ’50, raccoglie i sogni e le speranze degli aspiranti attori, incontrando un’umanità talmente varia da lasciarlo folgorato.

Apparentemente è folklore, poi, con il dipanarsi della storia, “L’uomo delle stelle” diventa una sentita lettera d’amore con cui Tornatore racconta la sua Sicilia, a modo suo. Il regista mostra le storie della sua terra, della miseria, dell’ignoranza, della delinquenza, ma anche dell’orgoglio, delle tradizioni, della lealtà, per raccontare una Sicilia dalle infinite sfaccettature, sempre sincera, anche al cospetto di chi è in cattiva fede. Perché Joe Morelli è un ciarlatano, che con la scusa del cinematografo sfrutta la necessità di evasione, la disperazione latente o manifesta, l’ingenuità grazie alla quale cucirsi addosso l’abito del salvatore. Quasi inconsapevolmente  Morelli rapirà istanti di realtà che altrimenti sarebbero rimasti custoditi nel cuore e nell’inconscio dei numerosi aspiranti attori.

 

 

C’è uno stridere forte, quasi manicheo, tra la finzione del cinema venduta da Morelli (per di più millantata e farlocca) e la realtà senza filtri, più ingegnosa di qualsiasi sceneggiatura, a cui il cialtrone romano si ritrova difronte. Nemmeno la migliore scrittura può riportare fedelmente storie come quella della donnaccia che soddisfa il paese in una sola sera, o del padre che non sa essere allegro convivendo con un figlio disabile da 25 anni, come lo iarruso che vuole semplicemente vivere la sua normalità, come il garibaldino portato in trono, la figlia della Madonna che vende inconsapevolmente il suo corpo senza conoscere l’amore, come il mafioso mai fotografato se non in punto di morte, o il reduce  di guerra che ha deciso di non parlare se non in spagnolo.

E in questo disequilibrio manicheo, man mano smussato dalla sceneggiatura (con la trasmutazione di Joe Morelli da arrivista senza scrupoli, a figura inerme, fagocitata dalla stessa realtà che aveva voluto truffare) prende corpo la grandezza del film, una storia italiana quasi post-neorealista (che conquistò Hollywood fino alla nomination nella categoria “miglior film straniero”, e che produsse la seguente incomprensibile locandina: http://images.moviepostershop.com/the-star-maker-movie-poster-1995-1010381462.jpg).

 

 

La strutturazione intrinseca della sceneggiatura comporta che quasi tutti i personaggi del film si limitino a camei: da segnalare la folgorante interpretazione di Leopoldo Trieste, che ingaggia un duello gestuale con Castellitto di rara intensità, o la presenza di Leo Gullotta, Luigi Maria Burruano, Tony Sperandeo, Nicola Di Pinto, Aurora Quattrocchi tutti straordinariamente bravi a concentrare nelle particine a disposizione l’essenza dei propri personaggi. Menzione speciale per l’esordiente Tiziana Lodato, in un ruolo tragico ed audace. Straordinario Castellitto, che fa un personaggio alla Sordi senza scimmiottarlo. Lucida la fotografia di Dante Spinotti, sottotono e poco sfruttata la colonna sonora di Ennio Morricone.

 

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