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The Startup - Accendi il tuo futuro

Regia di Alessandro D'Alatri vedi scheda film

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La recensione su The Startup - Accendi il tuo futuro

di mm40
3 stelle

Un allenatore di nuoto di una squadretta di ragazzini preferisce suo figlio a un altro, bravino anche lui. Quest’ultimo rimane devastato, totalmente sconvolto, non riesce in alcun modo a farsene una ragione e a quasi vent’anni improvvisamente si rende conto che in Italia la meritocrazia non esiste, così va a studiare alla Bocconi e crea un social network per trovare lavoro meritevolmente. Miliardario subito.

 

Dietro c’è una storia vera, Matteo Achilli esiste e il suo social network (citato anch’esso con il nome reale nel film) pure, ma a vedere The startup – Accendi il tuo futuro sembrerebbe assolutamente il contrario. Perché la banalità da slogan parrocchiale del sottotitolo dice tutto quel che c’è da capire sul film: una storia inverosimile, che trasuda fasullo, narrata con parole povere, del tutto fuori dalla realtà, nella quale raramente si incontra una parvenza di logica, vede muoversi al suo interno personaggi monodimensionali (buoni/cattivi/simpatici/antipatici) e procede stancamente verso una risoluzione finale che pare ovvia fin dall’inizio della trama. Sostanzialmente un lavoro di impronta televisiva per toni semplicistici e scrittura blanda (sceneggiatura di Francesco Arlanch e del regista, soggetto di Arlanch e di Saverio d’Ercole), messo in scena con sufficiente cura della confezione da un artigiano dal discreto mestiere come Alessandro D’Alatri, che, gli va riconosciuto, prova qui a usare coraggio per proporre un lavoro più ambizioso della media, ma fallisce fin dalle premesse. Una motivazione in più sta nella ricerca di far assomigliare anche fisicamente, nelle movenze, il protagonista Andrea Arcangeli (non impeccabile, peraltro) al Jesse Eisenberg di The social network (David Fincher, 2010); altri interpreti centrali: Paola Calliari, Luca Di Giovanni e Matilde Gioli. Colonna sonora bruttarella (Aldo De Scalzi e Pivio), farcita di canzoncine pop fastidiose. In tutto ciò è perfino superfluo sottolineare che la cosiddetta meritocrazia è un’utopia, poiché nulla e nessuno può stabilire – se non con la forza o con l’adozione di regole soggettive e quindi opinabili – che cosa sia effettivamente ‘merito’ e cosa no. 3/10.

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