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Cuore di vetro

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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L'autore

Badu D Shinya Lynch

Badu D Shinya Lynch

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La recensione su Cuore di vetro

di Badu D Shinya Lynch
10 stelle

 

 

Hias, poco dopo l'incipit, punta il dito verso l'alto ed indica, agli abitanti del villaggio, due ponti sui quali, su ciascuno di essi, camminano un bugiardo e un ladro. La mdp, partendo dal basso, è "costretta", e, in questo caso, costringe lo spettatore e i vari personaggi presenti, a guardare verso l'alt(r)o e, di conseguenza, a guardare queste due figure già "etichettate", già (de)formate. Gli occhi sono "confinati dai confini" umani; indirizzati dalle visioni, nonché dai suggerimenti vincolanti, di un altro umano, il quale, che sia esso ciarlatano o profeta, condiziona il libero arbitrio, nonché lo sguardo, rendendolo, difatti, ipnotizzato ed ipotizzato. Non più vergine.

Emblematica la sequenza in cui, condizionato, probabilmente, da una delle sue stesse visioni, lotta contro un animale invisibile, risultando, sicuramente, visibile solo per lui e non per lo spettatore. In sostanza, queste profezie, nonostante vengano partorite con indubbia trasparenza coscienziale da Hias, sono, effettivamente, reali? Al di là di un'ininfluente risposta, con ogni probabilità, come scritto in precedenza, le suddette condizionano sottilmente gli abitanti del villaggio, così da far "avverare" le sue predizioni, poiché essi vengono spinti inconsciamente, come fossero sotto ipnosi, a realizzare l'invisibile, ovvero ciò che lui ha pre-detto o, meglio, pre-visto.

 

D'altro canto, finalmente, nell'excipit non ci sono più confini. Nessuno indica più niente; Hias non indica più alcunché. Non ci sono, di conseguenza, più nozioni o indirizzamenti che fan sì che lo sguardo, contaminato, classifichi e designi un Ladro e un Bugiardo; svanisce, addirittura, anche la cognizione dell'orizzonte; la linea che separa il Mare dal Cielo. Svanisce, quindi, ogni fondamento ed orientamento. Si rimane, allora, come scritto poc'anzi, senza nozioni, nonché, di conseguenza, sospesi. Sospesi, appunto, nell'indefinito, quindi, sì, nel dubbio. Il dubbio che, finalmente, come fosse la spinta propulsiva decisiva, fa sì che lo sguardo si proietti in automatico, senza, quindi, alcun indirizzamento, verso l'alto. Verso l'altrove.

Si è pronti, ora, ad un altro fallimento; ad approdare su un altro globo d'argento.

Ora, lo sguardo è libero. Liberato dal cinema o, forse, libero dal cinema; da ogni qualsivoglia ipnosi dello sguardo. Herzog abdica, e libera tutto e tutti mandando in cortocircuito il cinema.

 

 

Cuore di vetro è Il film più ermetico, straniante e complesso di Werner Herzog. Il suo lavoro più scivoloso ed ipnogeno; galvanizzante e liberante. Nonché, per chi scrive, la sua opera più affascinante. Come se fosse l'unico incontro (im)possibile, alla fine del mondo, tra Lynch, Tarr e Zulawski.

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