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Cuore di vetro

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Cuore di vetro

di giansnow89
7 stelle

Favola quasi pedagogica sulla conoscenza e sull'ignoranza.

Herzog lavora tantissimo sul potere evocativo della suggestione. Ogni silenzio, ogni squarcio di natura lussureggiante, o di natura matrigna, ogni sguardo dei personaggi, non appartiene a quel tempo e a quello spazio, ma a una dimensione immaginifica nella quale lo spettatore ha amplissima libertà di movimento: la sensibilità personale del soggetto che assiste al film è parte integrante del dispositivo cinematografico herzoghiano. E quindi ognuno è libero di vivere l'esperienza di questo suo film come meglio crede. Io per esempio ho visto in Cuore di vetro un apologo sulla conoscenza, sulla responsabilità che essa comporta, e sulla cecità che la sua assenza propaga contagiosamente. Il profeta Hias incarna la verità e la conoscenza, così come l'operaio morto portandosi nella tomba il segreto del vetro rosso. Ma sono due tipi di verità diversi. Hias vive solo, ramingo, emettendo oracoli che preannunciano sempre morte e disperazione. E' una verità cupa la sua, ma pur sempre una verità, che fa male e fa paura agli stolidi abitanti del villaggio. Fatalmente essi addebiteranno la ragione della loro rovina a lui, e non alla loro stoltezza e incapacità di modificare il proprio destino: un po' come lo stolto che invece della luna guarda il dito che indica la luna. Hias rappresenta tutto quell'insieme di ineffabili realtà che sappiamo esistere, ma che preferiamo fare finta che non ci riguardino. La morte, la miseria, la precarietà dell'esistere: aspetti su cui preferiremmo sorvolare, polvere che buttiamo sotto il tappeto. Gli interpreti degli abitanti del villaggio lavorarono sotto ipnosi, il che rese la loro incoscienza, il sonno della loro ragione un fatto addirittura fisicamente desumibile. Poi c'è il segreto del famoso vetro rosso. Quella è la metafora della certezza che crediamo assoluta, e che sconvolge il nostro spartito quando viene a mancare. Potrebbe significare la perdita di una persona cara, o la perdita del proprio lavoro, o la semplice perdita di fiducia in un'idea. Si può superare la perdita e percorrere una via razionale per aggirarla; o si può impazzire.

 

Il finale è un po' la mise en abyme di tutto il racconto precedente. Abbiamo uno sparuto gruppo di persone semplici su un isolotto montagnoso. Essi non sanno cosa c'è al di là del loro isolotto e non sanno nemmeno se la terra è piatta o meno. Vivono in un'ignoranza inconsapevole. Mossi dalla curiosità, intraprendono l'avventura su un guscio di noce tra i flutti di un mare inclemente. Si prendono un rischio quasi mitologico, a prezzo della vita, a costo di perdere tutto quanto, a costo di non scoprire e non guadagnare nulla. Cosa ci potrebbe essere alla fine del loro viaggio? Il deserto o un abisso senza fondo o semplicemente potrebbero essere immersi in un illimitato specchio d'acqua senza confini. Anche solo questa scoperta val bene un fallimento, se l'alternativa è un'eterna miopia rispetto alle cose del mondo.

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