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Tenebre

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Tenebre

di Antisistema
7 stelle

"In un'indagine, eliminato l'impossibile, quello che rimane, per quanto sembri improbabile, deve essere la verità" (Sherlock Holmes).

Misoginia e sadismo gratuito, sono state le principali accuse negative rivolte al regista Dario Argento nel corso della sua carriera, così il cineasta romano probabilmente stanco per un decennio e passa di critiche su tali argomenti, decide di tornare alle origini, dopo la parentesi horror di Suspiria (1977) ed Inferno (1980), con un giallo-thriller che ha tanto il sapore di una sorta di 8 e 1/2 per il regista, che si deve essere divertito non poco a prendere le argomentazioni dei suoi detrattori, sbatterle in faccia chiaramente tramite le accuse rivolte allo scrittore Peter Neal (Anthony Franciosa) da parte della giornalista lesbica Tilde (Mirella D'Angelo) e del critico Cristiano Berti (John Steiner) sul maschilismo e la perversioni esibita dei suoi lavori letterari, per poi infine divertirsi in una carrellata di suoi topoi cinematografici portati all'eccesso e all'esagerazione tramite virtuosismi tecnici sempre più esibiti, sangue in abbondanza ed una miriade di giovani donne vittime di omicidio.
Lo spettatore dell'epoca un pochino informato, non faticava molto nel fare un parallelismo tra Argento e Neal, di cui quest'ultimo ne è il perfetto alter ego, capace di trasporre su a parole su carta (e pellicola) cosa si prova ad uccidere :

"L'impulso era diventato irresistibile. C'era una sola risposta alla furia che lo torturava. E così commise il suo primo assassinio. Aveva infranto il più profondo tabù e non si sentiva colpevole né provava ansia o paura, ma libertà".

Solo una mente folle e drogatissima come quella di Argento poteva conoscere così a fondo l'oscurità della natura umana nell'atto di compiere un gesto così ripugnante e lacerante, per poi rifarlo e rifarlo ancora senza provare alcun rimorso di tipo morale. La fotografia di Luciano Tovoli qui abbandona l'espressionismo pop claustrofobico di Suspiria, per abbracciare delle immagini asettiche che si intonano perfettamente con il quartiere EUR dove è ambientato gran parte della vicenda, scegliendo di togliere del tutto le ombre, presenti solo nel prologo iniziale in cui la voce narrante di Argento legge una frase del libro Tenebre, optando per l'uso di un'illuminazione costante senza ombre e negli interni colorare di bianco le pareti, dando una sensazione di rilassatezza mentale, proprio come deve essere la psiche dell'omicida capace di trovare un proprio equilibrio, solo nell'eccesso brutale dell'omicidio, di cui dopo l'atto fotografa in un eccesso vouyeristico i corpi delle vittime, in un atto quasi "masturbatorio", che gli provoca estremo piacere, tant'è che conserva in modo feticista le foto dei corpi devastati delle vittime, come se fossero delle riviste pornografiche.

 

 

In Tenebre il piacere puro dell'omicidio tocca probabilmente i picchi più alti di tutto il cinema Argentiano, l'uso insistito della soggettiva, il sadismo estremo e quel continuo "pervertita" che l'assassino pronuncia nei confronti delle vittime femminili prima di ucciderle, provando un piacere quasi sessuale nell'atto, sono provocazioni che il regista rilancia ai suoi detrattori, prendendosi gioco delle loro critiche sopratutto nel finale, che non deve essere assolutamente interpretato nei canoni della credibilità narrativa (non ne ha alcuna), ma secondo lo sberleffo meta-cinematografico in cui l'assassino si prende gioco dei protagonisti e degli spettatori tramite un'intuizione che ha ragion d'essere solo se filtrata dalla visione della macchina da presa, che rende tangibile e reale quella che nei fatti è una mera finzione, quindi tutte le accuse secondo la tesi di Argento non hanno ragion d'essere, perchè la settima arte è prima di tutto piacere insito della visione di un qualcosa di ricostruito; quindi falso, ed in quanto tale non si deve prendere troppo sul serio.
Il cinema sarà anche costruzione di un inganno a cui sottostiamo spesso volentieri per il nostro piacere, però la risposta di Argento non risulta essere appagante o pienamente soddisfacente, poichè sin dall'intervista iniziale tra Peter e Tilde, quest'ultima viene vista con un certo astio dall'agente dello scrittore Bullmer ed il successivo comportamento della donna è quella di un'isterica che vive in funzione dell'amore per la sua partner, in pratica Argento alla critica delle femministe si limita e replicare con un'altra critica opposta e contraria, giungendo così ad un cortocircuito argomentativo che può prestare benissimo il fianco ad accuse di misoginia insito nel cinema argentiano, di cui però non vado oltre per noia assoluta verso tale campo d'indagine.
Ritorno alle origini, presa in giro dei critici, il risultato è anche una tecnica esibita e spinta all'eccesso sino al manierismo, come quel piano sequenza prima dell'omicidio delle due lesbiche, una mera spacconata tecnica di stile, che di perde nell'inquadrare insistentemente i dettagli del tetto e della camera della partner di Tilde, in un esercizio vouyeristico tipicamente argentiano, ma totalmente indifferente per lo spettatore che viene così sbalzato fuori dal film; in generale si nota comunque una mano molto buona da parte di Argento nelle sequenze di omicidi, che sono numerose, molto sanguinose (compreso un braccio mozzato alla moglie del Berluska) e di varie tipologie (inclusa una all'aperto che sembra tanto fare Intrigo Internazionale, nel voler ribaltare tutte le caratteristiche di una scena di omicidio), ma al tempo stesso si avverte la sensazione di ripetizione e di ispirazione che sta venendo meno, per via di una struttura narrativa già risaputa e vista nelle precedenti opere del regista, oltre al fatto degli eterni problemi in fase di sceneggiatura con dei risvolti veramente poco credibili, se non altro la recitazione funziona (pure Daria Nicolodi, a parte nel finale dove risulta insostenibile se deve andare un pochino oltre il minimo sindacale) e il film risulta buono, seppur il successivo Phenomena (1985) sarà un pochino più interessante, ma non toglierà la sensazione che il meglio del regista sia stato negli anni 70'.

 

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