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Un sogno chiamato Florida

Regia di Sean Baker vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Un sogno chiamato Florida

di zombi
9 stelle

tutto si presterebbe per essere chiamato sogno, ma del sogno ha ben poco. forse un arcobaleno nel crepuscolo sopra al motel color glicine nel quale monee e sua madre halley vivono, lo porta alla mente, ma in fondo all'arcobaleno ricordiamoci che c'è un lepracaun da prendere a calci nel culo come urla monee alla sua amica jancey.

monee e la sua giovane madre, vivono all'ombra di disneyland. ne sentiamo parlare spesso ma non lo vediamo mai. 

ciò che vediamo e che viviamo insieme ai protagonisti del film, sono diners a forma panino, chioschi di gelato a forma di cono, bar a forma di arance e negozi di regali e souvenirs con un gran mago di plastica sopra che ti accoglie. 

più ti aggiri e ti addentri in quei meandri di parcheggi e costruzioni finte e colorate in modo chiassoso insieme a monee e ai suoi amichetti, trascorrendo così le giornate, e più ti accorgi di cosa sono fatti quei posti. 

nonostante un insistito e stomachevole utilizzo di colori vivaci e violenti nel loro irruento utilizzo, ogni diner, ogni bar, ogni parcheggio e ogni motel ha un suo dietro, e tutto questo è il "di dietro" della scintillante e costosa terra di disney.

una terra interdetta a monee e alle sue amichette, ma anche alle loro madri e ai loro padri, parcheggiati insieme alle loro macchine scalcinate in stanze di motel, destinate ai turisti e che sono invece diventate temporanee dimore.

temporanee e finte, perchè per legge ogni tanto devono liberare le stanze e andarsene per almeno 24 ore a dimostrazione del fatto che loro lì non ci abitano; ennesima finzione e bugia.

il vero volto della suburra di disneyland, sono le distese di erba e acquitrini, nei quali si nascondono coccodrilli ed enormi pitoni liberati da collezionisti dissennati e le villette a schiera che i loro padroni non sono riusciti a pagare e che hanno dovuto abbandonare, lasciandoli in preda alla terrificante umidità del luogo che li divora lentamente facendoli marcire in piedi trasformandoli in rifugi per tossici e prostitute. 

e intanto monee continua a vivere da bambina in una perenne vacanza da una scuola odiata mentre la madre cerca affannosamente un lavoro che non arriva, spacciando imitazioni di profumi di marca all'ingresso di hotel per turisti danarosi, che rifuggono i motels con nomi da fiaba e dai colori pastello, diventati rifugi per i nuovi rifiuti di quella stessa società che li ha indebitati illudendoli di poter comprare casa concedendo prestiti sui prestiti per cacciarli infine da mura di cartone in abbandono.

sean baker consegna al pubblico un terrificante ritratto di un' america disperata e derelitta, che all'ombra del mito della terra delle abbondanze(i migranti di crialese sognavano di fare il bagno nel latte e di raccogliere verdure giganti, mentre monee e sua madre danzano nell'abbondanza dei buffet degli hotels di lusso, mentendo sul numero di una stanza che è la loro ma non lì)non è nemmeno sicura di poter tenere la patria potestà dei figli.

costretta a prostituirsi e a ridursi sempre peggio, raschiando un fondo sempre più difficile da raggiungere, quest'america si rimette nelle mani di assistenti sociali che imputa ad una madre la sua incapacità di essere genitore e di badare alla prole, salvo poi perdere la bambina che vorrebbero toglierle.

un'america che si accontenta di fumarsi una sigaretta in un crepuscolo di fuoco che sembra illuminato dai migliori fotografi di scena, che vive la propria infanzia nell'area pic-nic sorvegliata dall'amorevole sguardo del custode intento a ritoccare la vernice dell'edificio che si vorrebbe ancora per i turisti (ma che loro non vogliono), che li protegge da predatori non molto lontani dal terrificante tricheco che in "alice in wonderland" fa la corte alle ostrichette, salvo poi mangiarsele in un sol boccone.

un'america che vive di momenti assolutamente magici, come quando il custode sposta tre magnifici trampollieri dalla strada d'accesso del motel, o le bambine giocano all'ombra di un magnifico albero durante un acquazzone.

la finzione rincorre una realtà documentaristica girando con telecamere nascoste e con attori non professionisti, e la ricognizione da giornalisti freelance rincorre la finzione grazie agli artifizi cinematografici e ad una direzione d'attori esemplari.

in più, in un crescendo di tensione emotiva altissima, il film trova una delle chiuse più belle viste in questi ultimi anni; una fuga disperata all'interno del parco divertimenti, proprio verso il palazzo delle principesse, quello del logo disneyano che apre ogni film che sicuramente anche le nostre piccole protagoniste avranno visto in qualche occasione, rubato con un telefonino, all'insaputa della major e che cercando disperatamente di regalare un pizzico di magica speranza, lascia con un senso di inquietudine degna di shining e della strega di blair....

gran film.

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