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Kingsman: Il cerchio d'oro

Regia di Matthew Vaughn vedi scheda film

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La recensione su Kingsman: Il cerchio d'oro

di alan smithee
5 stelle

Come in un classico film di 007, si comincia con l’azione: una rocambolesca corsa in auto nel tradizionale taxi londinese che, ovviamente, nasconde i dettagli di una super-auto da combattimento e difesa, per giunta anfibia. I contendenti sono Eggsy (Taron Egerton, giovanotto dal viso angelico, che nasconde nell’eleganza dei modi e dello stile tenacemente british del vestire, un fisico massiccio come Big Jim), naturalmente, ed un suo concorrente di corso che, superato all’esame di ammissione alla Kingsman, si vendica passando al soldo di una singolare terrorista narcotrafficante (Julianne Moore, in gran forma) ossessionata dallo stile colorato e disincantato (ma anche inquietante) anni ’50, presi a riferimento come reminiscenza della propria infanzia.

La criminale vive quasi sola, circondata di robot-cani e servitori semi-umanizzati, in un’oasi sperduta all’interno di una vallata d’alta montagna che ospita antichi reperti di civiltà precolombiane, in qualche posto in Sudamerica, potente ma sconosciuta al mondo intero, e principale responsabile di tutto il narcotraffico verso gli States.

Eggsy invece, orfano del suo Harry Hart (Colin Firth), caduto vittima nel primo episodio, si consola, tra una azione e l’altra, frequentando una principessa erede al trono di uno staterello da favola, e cercando di risultare all’altezza del protocollo di corte.

Ma quando la cattiva gli elimina in una frazione di secondo, facendole esplodere, dopo averne decriptato i codici per rintracciarlo, la casa della giovane spia (uccidendogli pure cugino e cagnetto), l’intera pseudo-sartoria di copertura della Kingsman, il nostro uomo rimane solo col suo affezionato addestratore (Mark Strong), avviato a contattare la corrispondente americana della propria ormai decimata agenzia segreta, nel tentativo di sgominare l’ambiziosa narcotrafficante.

L’avventura nordamericana riserverà almeno una grande sorpresa; quella nell’emisfero meridionale un’altra di tipo canoro-musicale, perché tra i prigionieri in esilio dorato, troveremo niente meno che …Sir Elton John, sballato, gasato, completamente fuso, qui alle prese con il personaggio divertente di sé stesso, che dimostra la volontà e lo spirito goliardico di sapersi prendere in giro simpaticamente.  

Il film di Matthew Vaughn, bravo e brillante regista che tuttavia speriamo sappia in futuro tenersi alla larga da certi obblighi contrattuali, dedicandosi a qualcosa di più personale e garante di qualità intrinseca, è un action senza un attimo di tregua, che non dimentica il lato umoristico e nero (la scena del tritacarne è una variante della celebre scena del tritura-rami di Fargo); a è anche un giocattolone molto fine a se stesso, zeppo di personaggi divertenti ma senz’anima, senza dimensione e spessore, trovati li a caso e dati per scontati in un contesto ove tutto è possibile e lecito.

Il cast faronico, che comprende anche premi Oscar del calibro di Halle Berry e Jeff Bridges, oltre che star affermate come Channing Tatum, partecipa all’avventura col giusto appeal e ognuno sfoderando un pertinente e a volte sin compiaciuto charme divistico. Ma alla fine il sentore, che già si provava nel primo episodio circa il fatto che tutta l’impalcatura sia solo un estroso ed artificiale luna park  senza senso compiuto, diviene in questa seconda occasione una certezza inossidabile.

 

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