Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Visto in lingua originale con sottotitoli
Cronaca di una morte annunciata esposta come apologo su colpa (adikema), vergogna (aiskune) e giustizia compensativa (nemesi). Sorte (tyche) o necessità (ananke) ineluttabile, essa grava sui personaggi – carenti nello scavo psicologico – per far scontare il mortifero incidente (athikema) compiuto da un medico pieno di superbia (hybris).
L’indubbia ma artefatta abilità del regista nel piazzare e muovere la mdp in quest’ambizioso dramma familiare – parziale rilettura dell’Ifigenia in Aulide filtrata dalla visione eschilea sul peccato, tolti gli dèi – non convince del tutto a causa di un plot poco organico, specie sul fronte della punizione mal distribuita: la progressiva paralisi degli arti inferiori che colpisce il figlio più piccolo e poi sua sorella sembra applicata più per aticofilia (Schadenfreude).
Il migliore del cast è senz’altro Barry Keoghan, nel cui ruolo convergono diverse funzioni narrative antitetiche: orfano (orphanòs) del padre, corifeo (koruphaîos) solitario, sadico messaggero (ánghelos), vendicatore (Alàstor) aggressivo-passivo. Decisamente troppe da gestire in un film che, visto dal lato sovrannaturale (verso la fine si manifesta l’emolacria), poteva pure intitolarsi La maledizione di Martin.
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